raccontiitaliani - giovani Fu un tonfo sotto le tavole del pavimento a destarla dal dormiveglia. Solo da qualche minuto era riuscita a rilassarsi, sul letto rifatto con le lenzuola e le coperte tirate fuori dalla valigia: mettersi ad aprire i cassetti, sempre più rumorosi, incassati dentro i vani del comò dove parevano ogni volta entrare sempre meno, avrebbe svegliato i suoi che dormivano nella stanza accanto. Anche la sera, salendo le scale, girando la grossa chiave senza farla scattare, attraversando al buio la cucina, aveva badato a non fare rumori: non se la sentiva di parlare con loro, così stanca che una volta allungato il materasso aveva disteso alla meglio lenzuola e coperte per caderci dentro mezzo vestita. Sapeva già che difficilmente si sarebbe assopita prima dell'alba, com'era sempre successo ad ogni ritorno i primi due o tre giorni; sperava solo di distendersi, allentare il cerchio alla testa e calmare il senso di vomito che le era rimasto tutto il viaggio. Il rumore, di sotto, si prolungò come un asse fatto scorrere lungo il muro: il padre, che appena sveglio scendeva in cantina a preparare gli attrezzi per la giornata. La madre, in cucina, senz'altro stava già a sventolare la brace sotto la cuccuma del latte sul fornelletto ricavato nell'angolo fra la porta e il camino. Il suo arrivo non era stato avvertito, o avevano preferito lasciarla riposare, magari affacciatasi, lei, dalla porta accostata, discretamente. Avevano, entrambi, una specie di riserbo nei suoi confronti, andata via di casa che non aveva vent'anni, nonostante le difficoltà da parere insormontabili soprattutto all'inizio che cambiava lavoro ogni mese, con i soldi nemmeno sufficienti a pagare la camera condivisa con un'altra donna d'un altro paese di parti sconosciute. La sua caparbietà, tesa a resistere ad ogni costo, li aveva fatti incerti come d'un risentimento ostile nei confronti della casa, della campagna, di loro, che nessuna visita periodicamente sollecita, i primi tempi, aveva potuto mitigare. L'allontanamento, poi, quasi definitivo, interrotto solo da visite frettolose e comunicazioni epistolari, che rimanevano senza risposta quando il postino non trovava il tempo e la pazienza di leggerle, era stato il rafforzamento dei dubbi. E i gesti, le frasi, quando era tornata le poche volte, o quelle delle lettere, erano state sempre più rattenute come impaurite d'essere comunque di fastidio, per l'impossibilità, oramai irrimediabile, eh' esistessero delle intonazioni per comunicare. Spesso aveva sorpreso la madre a guardarla, seduta senza parlare, come qualcosa d'irreparabilmente allontanata, col volto tirato come per un pianto invisibile. Anche l'incertezza dei suoi anni, in un mondo sconosciuto, la mancata sistemazione in un matrimonio, al contrario dell'altro figlio, più vicino e comprensibile, erano la pena d'una fallita realizzazione, persa, lei, come una meJa rotolata a marcire dentro una macera di sassi. S'alzò sperando, mentre rifaceva il letto e poi si dava una aggiustaLeandro Angeletti - 7
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