narrativae politica mo fu in via Senzanome. Ricordo che mi impressionò moltissimo il nome di questa strada. Ma si stava bene, la Maggioranza aveva vinto, e il nostro duce - il bel salvatore! - deteneva il potere. Tornammo a Modena, mi pare, il 1 ° di giugno. Nessuno ci festeggiò e rimasi molto deluso. Qualche giorno dopo per l'appunto, io ero a passeggio sotto i portici del Collegio, e leggevo attentamente il giornale. Mi fermai, alzai la testa e mi vidi di fronte un senior della milizia. Gli dissi: ''Ma che schifo! È mai possibile che mentre noi si stava in casino a Firenze, a Roma pensassero di ammazzare questo pover'uomo?" "Eh! ragazòl" mi disse colui "mo' c' sa dit ?" Tutto questo non è che una minima parte di ciò che rievocai, tra un boccone e l'altro, alla trattoria "Ardo" di Milano, dopo la frase dell'avv. Paggi. Frase che non era rivolta a me: perché, come a uno appena conosciuto, o considerato un ingenuo o un provinciale, o un incapace di apprezzare la nuova politica liberale che doveva forse trovare, pochi giorni dopo, a Torino, nel ristorante Cambio (dove andava Cavour!), la sua formula ufficiale e non palese, ero tenuto fuori dalla conversazione. E questo non è vero. Ero fuori dalla conversazione perché ero stordito dai ricordi: ma questi mi stordivano perchè erano sorti per la mia indignazione. Non posso dire che l'avvocato Paggi fosse partigiano della maggioritaria. È certo però che il Paggi è stato il primo dal quale abbia udito parlarne. Cosa che mi scandalizzò oltremodo. Non avrei mai più voluto, in vita mia, dopo la caduta del fascismo, sentir parlare di quella obbrobriosa leggeelettorale. Non solo non avrei voluto sentirne parlare per ricordo storico, ma, mai e poi mai, avrei potuto immaginare che si potesse ancora parlarne in Italia, e come (oh! scandalo enorme!) premessa di una nuova politica dei partiti cosiddetti democratici. Non esagero se credetti in quel momento di impazzire. Prova ne sia che, nell'istante in cui mi si presentava, nel panorama violento e caotico dei ricordi, l'episodio nel quale mi si chiede se ho un revolver, istintivamente passai la mano nella tasca, dove, abitualmente, da ragazzo, usavo tenere quell'arma. Dio ne guardi!, fossi stato armato in quel giorno piovoso del novembre 1951, oggi, con tutta probabilità, Fusco, Scalfari, Paggi e gli altri che si trovavano a quel tavolo, non sarebbero più di questa terra! Ma bando alle sciocchezze, e chiedo scusa immediatamente agli amici così malamente, e forse ingiustificatamente, citati. Tanto più che, Paggi compreso, erano innocenti e non pensavano (forse contrastavano) al già probabilmente ventilato progetto di legge elettorale. Tutto questo sarebbe rimasto, da parte mia, come lo sfogo di un nevrastenico, e non avrebbe potuto trovare posto sulla carta bianca (neanche nella parola detta), come ce lo trova attualmente: se nulla fosse accaduto in seguito, fino allo scandalo testè offertoci dalla Maggioranza. Dirò di più: queste righe non sarebbero mai state scritte se Antonio Delfini - 75
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