narrativae politica zo gli elettori: ogni tanto mi mettevo a posto la giacca, guardavo se le mie scarpe erano pulite: passava una bella signora, che aveva ~ccompagnato il marito a votare per la Maggioranza: volevo farmi notare, ero stato notato, mi struggevo di vanità: ero considerato anch'io un guardiano degli alti destinidellaPatria! Quella signora se ne era accorta e pensava che i fascisti sono belli e i bolscevichi, brutti. - (Che schifo!) - Più avanti, in un'ora del pomeriggio di quella vergognosa giornata della storia d'Italia, un grosso mercante sui quaranta anni mi richiama. Siamo al centro della Propaganda, alla sede del blocco nazionale maggioritario dove campeggiano, uniti, liberali, fascisti e popolari in via Carteria. Mi chiede, tra il feroce e il paternalistico: "E te ragazòl gh'e 't la pistòla?" ... Sì, l'avevo, a tamburo, cal.6.35. Mi diceva di stare attento perché La Madonnina era un posto pericoloso, e mi raccomandava di sparare alla prima occasione. Poi la sera... la sera piena di canti e fanfare: la più grande vittoria elettorale del mondo era stata ottenuta dai fascisti e dai partiti minori nazionali! "Ma che viva i liberali - e ancor meno i popolari - sono morti i comunisti - viva sempre i bei fascisti!". - (Lo schifo si prolungò ... ). - Ero a Sassuolo, al Poligono: sparavo. Poi a Firenze nel maggio... quante fragole nelle trattorie! Il concorso ginnico della milizia... che caldo lungo il viale dei Mille! Dormivo in caserma vicino alla chiesa del Carmine. Il comandante ci offrì un pranzo da "Giovacchino", e nessuno dei militi ginnasti mangiò, perché tutto sembrava cattivo. Poi in casino: in via de' Federighi, in via dell'Amorino. Quanti casini! Chiedevano le puttane, indicando la mia vanitosa persona, piccola e magra: "Ma perché vi portate dietro questo bambino?" Come erano brutte le puttane! Quel che notai allora era questo: che ognuno, dopo essere stato in camera, era stanco, assonnato e color di cioccolata. Un certo Pantelli o Sonzi, mi portò in carrozza da "La Saffo", in pieno mezzogiorno ... ma non vollero riceverci. Si mangiava male dappertutto: evidentemente i militi più anziani non sapevano sceglierela trattoria. Si mangiava male, malissimo: avevamo tutti la medaglia di bronzo commemorativa del concorso ginnastico. Guidati infine dal vice-comandante, un ardito di guerra e con un occhio solo, un bel giorno partimmo cantando: "'Figlia, ti vo dare per sposo un bel fascista - Padre, un bel fascista, sì, lo voglio sì! - Perché? - Tutte le notti col manganello in mano ecc. ". Intanto ·che alla stazione, degli audaci venditori di giornali, ci offrivano delle cartoline pornografiche insieme al ritratto del duce. Il nostro comandante, maggiore senior della milizia, viaggiava in prima classe e, dopo Porretta, ci venne a trovare. Tutti volevano pernottare a Bologna, e anche lui convenne che sarebbe stato divertente. L'albergo di Bologna si fece pagare uno scudo a testa. Il comandante, si disse, era andato per i fatti suoi da una sua ganza. Noi, di nuovo in casino. Ancora casini, casini e casini! Tutti li visitammo, i tenebrosi casini di Bologna. L'ulti74 - Antonio Delfini
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