Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

racconti italiani - giovani Rod perdeva sicurezza, io ne acquistavo. Era la notte, non poteva muoversi, e il suo tentativo fu quasi patetico. Rispondeva malamente all'amica che gli chiedeva come potesse vivere in quel modo. Scambiava sguardi con Lisa. Io stavo dolcemente sdraiato, eccitato e sicuro. Comunque aveva preparato tutto. Aveva delle altre bottiglie. Tirò fuori dalle sue carte una polvere. Disse: Dormiamo qui, tutti insieme. Il corpo di Lisa aveva dei riflessi di gioventù. L'incavo mi mandava di nuovo dei segnali di richiamo e di pericolo. Ero costretto a radunare da qualche parte le energie. Risposi nel modo migliore, il più automatico, alla situazione. Chiusi il corpo di Lisa prima che potesse davvero aprirsi. Lo tenni chiuso finché Rode la sua amica non ebbero finito. Finché non si furono addormentati lasciando nell'aria delle testimonianze di rabbia, di insoddisfazione. Anch'io e Lisa poi ci addormentammo. Questo davvero non me lo perdonò mai. Si sottomise alla legge, ma si vendicò. Con Rod. Quando la venne a trovare a casa mia. lo avevo portato la piccola allo zoo, a farle vedere gli animali. Uscii da London con mia figlia Betta, cinque anni, con un inizio di angosciagaloppante. Betta non mi amava, non si può dire che fossi un padre per lei: le garantivo la casa. Ma non mi piaceva vedere i miei similinelle loro gabbie, dare mostra di sè. La lasciai a degli amici e corsi a casa. Le scale. Mi hanno sempre affascinato, rallentano il dolore, abituano all'indifferenza. Non posso dire che provai dolore. Non ebbi reazioni rabbiose. Per un attimo il sostituto si faceva sostituire dal titolare. Mi eccitai. Mi masturbai in silenzio dietro l'uscio socchiuso, vedendo i movimenti freddi di Rod e udendo i gemiti abituali, falsi di Lisa. Mi sembrò di vedere una piccola appendice verde nel didietro del mio compagno di London. In fondo ora quel rettile maledetto poteva morire. Doveva morire. Non dissi nulla a Lisa, e quando dopo i mesi regolamentari, nacque il nostro secondo figlio, proposi di chiamarlo Rodolfo. Non l'avrei amato, come non amavo Betta e come non amerò il terzo. Mio figlio Rodolfo mi limito ogni tanto a guardarlo negli occhi, lo lascio al freddo la sera. L'unico vero Rod è morto poco prima della sua nascita. Non voleva perpetuarsi, voleva salutare, tradire, offendere, vendicare la sua razza. Non credeva nei miracoli biologici, credeva nella sopraffazione: era questa che voleva seminare. Ma gli incendi a London scoppiano ogni migliaia di anni. Negli ultimi mesi Rod si faceva coccolare, era ingentilito e infantile. Una mattina mi disse, nel suo solito modo preoccupato e misterioso, che di notte aveva scritto una lunga lettera. Doveva assolutamente Claudio Lolli - 41

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