Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

racconti italiani - giovani ero simpatico alle sue ragazze, e lui non lo era a quelle che ogni tanto passavano con me la serata. Andavamo a lavorarcele in un buco scantinato, rimesso a posto con qualche barattolo di vernice. Non mi trovavo bene lì dentro. Gli dissi una volta che.era disabitato, quel posto, anche quando c'eravamo. Fece finta di non capire e mi guardò rabbioso. Era spesso rabbioso e instabile, finché non si mise con una cantante un po' più vecchia di lui. Me ne parlava ogni tanto al nostro bar, il bar City, nel cuore della riserva. Ero contento di essere il confidente di Rod. Una sera mi disse una cosa che mi colpì. Che vivere, disse proprio così, non gli bastava. Non gli bastava mai completamente. Pensava all'amore, credo, al fare l'amore. Era molto diverso dal L'ho visto l'ho visto del sedere e del pelo di Jenny. Era l'unica cosa provata. Fregatura. Quando la lampadina da notte era accesa e la sua cantante dormiva un po' vicino a lui, lui pensava queste cose: che non era abbastanza il fatto di funzionare. Pensava, si inventava delle storie, studiava la fender. Questo forse poteva bastare, poteva completare il funzionamento del corpo. È più bello parlarne delle cose che farle. O almeno tutt'e due. Non potrei descrivere Rod. Che vivere non gli bastasse era proprio vero, e perciò non aveva niente di preciso. Non potrei dire quel gesto, quel gesto o con i capelli biondi, non si potrebbe dire quella giacca che pendeva un po' sulle spalle. Non è proprio possibile. All'università ci iscrivemmo insieme ma lui diede pochissimi esami. Non riusciva ad organizzarsi attorno a qualcosa per più di due settimane. Si interessava di cose molto diverse tra loro. Ogni tanto cambiava di centro: lasciava i libri a metà e buttava via le sigarette prima che fossero spente e finite. L'acqua di fuoco, la sua cantante e la fender facevano di tutto per non aiutarlo. lo lo stimavo sempre di più, si sapeva vestire ormai, con due stracci era elegante. lo mi facevo comprare le cravatte da mia madre. Rod mise su casa. La sua cantante aveva avuto una storia con un altro e lo aveva mollato perché era uno studente attaccato a casa, senza un soldo e troppo infantile. Rod non sopportò questo colpo. Trovò lavoro in un bar dove tutti lo conoscevano e con quei pochi soldi si affittò una stamberga, una soffitta di una sola stanza in London centro. Una mano di bianco e due materassi per terra. Rod fuori della porta. La sera al bar mi diceva: adesso sta scopando con quell'altro. Non fece un gesto, fu lei che tornò, e andò ad abitare dietro quella porta con su scritto Rod. Cantava, apriva scatole di fagioli, friggeva hamburgers. Lavavano i piatti a turno nella vasca da bagno. Non fu un brutto periodo per Rod, anche se era diventato un po' geloso. Ogni tanto chie34 - Claudio Lo/li

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