Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

racconti italiani - giovani tà, della piccola lampada sotto il piatto smaltato, la camera pareva contenere solo il letto, bianco, riemerso da un'invasione sile~ziosae discreta, addolorata, che però l'aveva soffocato tutto il pomeriggio. Succedeva, a volte, che il paese resta se sommerso fino a tardi mattino dentro un lago di nebbia; ristagnava perfino sotto la luce diretta del sole, prima di evaporare e scioglie·si su per le dorsali boscose, dentro i profondi canali e le frane. Solo a saperlo si potevano pensare delle case. Il rumore del fiume e le punte di qualche albero particolarmente alto, cresciuto su un rialzo del terreno, facevano immaginare un paesaggio acquitrinoso; oppure, quando non emerge a niente, una profonda spaccatura sempre piena di nebbia, con un torrente sul fondo rovinoso e inaccessibile. In quelle ore, l'isolamento della ca a ne faceva una cosa della natura, un'architettura spontanea venuta su per un accumulo casuale di sassi e una distribuzione non premeditata d'ambienti; o ciò che restava d'un antico agglomerato distrutto per catastrofi naturali - un terremoto, una frana - o a causa d'una guerra, un incendio. Neanche la strada rimandava ad altre case, raggruppate o i olate, tanto si sentivano lontane, fuori d'ogni comunicazione. Abitarla, allora, era più che mai abitare un romitorio, una caverna; sentirsi non della gente, ma una bestia che non era neanche delle bestie; che delle bestie si serviva, accudendole e impiegandole alle proprie necessità, ma che non arrivava ad essere gente fra la gente. Quel mattino, dopo il trambusto dei giorni passati come non doveva essere successo da decine d'anni, sembrava ancora più vuota, che ci fosse stata un'affluenza sollecita in vista dell'abbandono definitivo. Il fratello, ch'era stato l'ultimo ad andar ene con la famiglia, era partito la sera prima; solo Matilde era restata fino a tardi. Ma lei, insieme al padre, facevano parte di quell'abbandono, e invece che attenuarlo ne erano i segni viventi, le testimonianze più dolorose. Aveva passata la notte un po' in cucina e un po' nella camera, dove ancora restava forte l'odore della cera; prima d'andarsene Matilde aveva messo in ordine, lavato il pavimento, piegato in due il materasso sulla rete annerita, strofinato le testate del letto, che l'avevano opacamente specchiata nel suo muover i, o stare, dentro la fis ità attonita e muta della stanza. Sul comò aveva riguardato più volte il mazzetto delle foto trovate nella cassa, da cui era stata scelta quella per la piccola croce di marmo. Incassata in un ovale sull'incrocio dei due bracci, fra il nome e le due date, era la sola immagine che ancora per un po' avrebbe ricordato la madre, ripresa in un sorriso pieno di quando ancora non s'era forse neanche sposata, a quanti l'a evano conosciuta e avessero continuato a visitare, in occasione di altre morti o nei giorni commemorativi, i cu26 - Leandro Angeletti

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