raccontiitaliani - giovani ad una macchia di quercioli; il biancore della cappelletta nel cui sotterraneo ricordava l'ossario, il fetore che l'aveva sconvolta quando, la volta ch'era entrata per curiosare, stavano sollevando lo sportello della botola ai piedi del piccolo altare. Ricordava anche, sebbene con immagini senza più nessi che solo nel racconto della madre s'erano sempre ricostituiti, quando quelle ossa erano state trasportate dal vecchio ciinitero a quello da poco costruito. Si trovava, quello antico, poco più in basso, lì dove i displuvi dei due colli si raccoglievano in un invitante spianare, comodo ed ombroso. S'era rivelato un trabocchetto paludoso, dove le casse sotterrate marcivano nel giro d'un anno, gli scheletri galleggiavano nei loro oscuri abitacoli che, in seguito a smottamenti, erano anche rispuntati in superficie nel terrore panico della superstizione. Quello nuovo era stato situato nel posto migliore, senz'altro il meno umido, circondato dal muretto, che l'altro non aveva, e un cancello all'entrata, per evitare, come diceva sempre la madre, che i morti scappassero, tornassero a casa a disturbare i vivi. I gruppetti erano continuati, nel frattempo, a ridiscendere le scale, li aveva visti fermarsi sul ciglio che precipitava verso il paese, parlare o solo guardare, per poi scomparire nella discesa brecciata; qualcuno si rivedevapoi quando, sorpassata la piazza dopo il ponte, risaliva per la strada che restava scoperta a inerpicarsi in mezzo alle case. Sentiva, dietro, nel momento in cui s'accomiatavano, i saluti discreti e impacciati per il dolore che parevano disturbare. Nella sera che sopravveniva, la fissità in cui aveva continuato a guardare fuori il quadro ritagliato dalla finestra dove l'unico movimento erano state le persone prima venute e che adesso finivano di ritornare, tutto si fermò per un attimo. Spento l'ultimo calpestio, la fetta d'asfalto, l'alto ciglio, le ultime case del paese, le dorsali dei colli che il buio già confondeva in un'unica massicciaombra, lo spiraglio grigio del cielo, tutto ristette come ristanno le cose finalmente sciolte dal gravame disturbatore dell'uomo. E anche lei ristette allo stesso modo, non occhio che guardava, ma parte dello stesso paesaggio che l'avanzarsi della sera aveva già confuso nei dintorni e stava per precipitare nella voragine indistinta della notte. - Vieni a mangiare qualcosa. - La voce la richiamò da dentro, ma non rivolta a lei, Matilde che s'era avvicinata al padre tutto il giorno restato allo stesso posto e che subito, appena voltata, vide anche lui divenuto della stessa fissità delle cose. - Non hai mangiato ancora niente, da questa mattina. - E poi a lei: - Prendi qualcosa anche tu, - senza avvicinarsi; senz'altro aveva, come già alla morte della nonna, preparato a casa sua la cena, portata poi in testa con un canestro. - Non puoi stare tanto a digiuno. - Così vuota, dopo l'affollamento, così ferma dopo il va e vieni, di nuovo deserta dopo il brusio, nella luce delle candele consumate a meLeandro Angeletti - 25
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