discussione blicato con altri racconti successivi in un volume Mondadori del '79). Scritto tra il '52 e il '53 (Pontiggia, allora appena ventenne, è nato a Como nel 1934), in buona parte autobiografico, La morte in banca descrive la scoperta dell'alienazione e della frustrazione da parte di un adolescente, già studente di belle speranze, precocemente impiegatosi in una banca. Lascoperta è dolorosa e il racconto è soprattutto la storia di questo malessere, di un~esperienza recintata e ingrigita dalla nuova routine. Solo sul finire ritorna una breve nota ottimistica, la quale coincide però non con l'aprirsi di una diversa prospettiva ma con l'accettazione del percorso ormai fissatosi e con la sospensione delle vecchie speranze. Dapprima "ne provò una stretta d'angoscia. Ecco, era quella la morte: la morte in banca. Che era poi una delle infinite morti della vita". Poi invece ecco la svolta, la "maturità": "La sua medesima crisi, nei suoi vizi d'origine cominciò a volerla ignorare. Ciò che contava, infine, era la nuova visione, più circoscritta, certo, ma più vera". Nel Giocatoreinvisibile, vent'anni dopo, uno studente del genere - o magari quello stesso, sollevatosi con fatica dalla routine -lo ritroviamo nelle vesti di un maturo professore universitario. È riuscito a proseguire gli studi e a intraprendere la carriera accademica. Al vertice di tale carriera, egli viene un giorno ferocemente attaccato da un anonimo nemico su una rivista. Il prof essore perde la pace ed è ossessionato dalla volontà di scoprire il suo nemico. La storia si snoda in scioltezza, momenti di suspence e pause di riflessione si alternano in un racconto lucido, tessuto attorno a una trama che si giova di dialoghi perfetti e di una capacità descrittiva notevolessima. Il filo che lega gli esordi di Pontiggia a questo romanzo del '78, insieme all'autobiografismo trasparente in varie pagine (ad esempio, nella competenza sulle dispute filologiche, o nella figura del collaboratore editoriale Mario Cattaneo), è il gusto per il meccanismo del racconto. Un meccanismo che si è fatto qui estremamente raffinato, oliatissimo, tanto da non far rumore. Alfredo Giuliani ha scritto, al 230 - Gianfranco Bettin proposito, che nell'intervallo tra '68 e '78 Pontiggia "ha imparato, uno per uno, i trucchi del piacevole raccontare'' evolvendo ''verso il romanzo accuratamente leggibile, avvincente e calcolato". Anche Giancarlo Ferretti, in Il best seller all'italiana, ha scritto qualcosa del genere, sottolineando però una presenza troppo insistita del calcolo, dell'intenzione narrativa sulla comunicabilità del narrato. A me pare che, almeno nel Giocatoreinvisibile, Pontiggia si arresti un po' prima di correre questo pericolo. La sua scrittura è sempre sorvegliatissima, sicura, ma il coinvolgimento dell'autore - diciamo, la sua partecipazione diretta a un'esperienza descritta ma echeggiante verosimilmente più autentici disagi, più concrete amarezze e vicende, filtrate sulla pagina da uno stile disinvolto e ironico - tale coinvolgimento, viene avvertito dal lettore e contribuisce a far scordare il calcolo, il congegno narrativo. Insomma, ne esce un libro che si legge d'un fiato, divertente. Più simile, appunto, all'opera prima. E tuttavia, il ritorno alla fresca scioltezza degli esordi non può prescindere dal fondamentale passaggio intermedio di L'arte dellafuga. La narrazione era lì spezzettata e contesa tra fatti e allusioni, tra figure e metafore, in una serie fittissima di immagini e cenni parziali. Ma permaneva il rinvio a un insieme unitario latente, percepibile nel gesto dello scrittore, nella sua ricerca di coesione e coerenza tra fatti e sensazioni in apparenza slegati. Le due dimensioni - quella dell'esordio, con la fluidità e la precisione del racconto e quella "sperimentale", con la densità problematica e l'elaborata tensione alla scrittura - concorrono entrambe al risultato de Il giocatoreinvisibile e L 'arte dellafuga forse più di quel che sembri. A pagina 79 di quel libro, nel frammento ''Poetica'', Pontiggia scriveva: "La vittima non ci interessa - disse il clerc. I E neanche l'assassino - continuò. / Che cosa ci interessa? - domandai. / Il processo - mi disse. - Il meccanismo." Ed è sul "meccanismo" che Pontiggia insisterà in seguito: perché l'anziano e affermato professore si sente colpito così profondamente dall'attacco anonimo? Perché tenta con
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