Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

racconti italiani - giovani che le sostenevano, una riserva per il fuoco durata tutto un inverno. La poca uva, tagliarla era bastato un mattino, quattro viaggi caricarla sul mulo nelle bigonce e trasportarla in cantina. Per il mezzogiorno era tutta nella vasca, pestata e torchiata nel primo pomeriggio; prima di sera il mosto era già nella botte, e il mucchio delle vinacce addossato al muro sul marciapiede riempiva la casa del suo profumo. Aveva le mani indolenzite e doloranti di vesciche, i polpacci faticavano a scendere e salire le scale. Il padre da parecchio era sceso in cantina a pulire le bigonce e il torchio, quando lei s'era alzata a fatica; aveva preparato la colazione e poi fino a sera non era riuscita a combinare niente. Avevano lavorato insieme tutta una giornata, ma c'erano state poche parole. I momenti del lavoro li conosceva bene, le sequenze sempre uguali delle operazioni, ripetute per tante stagioni che le parve di non averle mai interrotte. Solo a un certo punto che tagliavano l'uva su un filare di mezzo lasciandola cadere nei canestri per terra - i grappoli, compatti come pannocchie morbide, s'aprivano appena - aveva chiesto, uno di fronte all'altra, nell'intrico dei pampini: - Come hai saputo? -della malattia della madre. - Non lo sapevo, - aveva risposto senza smettere di tagliare. - L'ho visto quando sono arrivata. - Il padre non parlava mai; avrebbe, come diceva la moglie, rinunciato per tutti alle parole. In campagna e con le bestie tutto si fa meglio senza parlare: se si prendesse quest'abitudine non c'è dubbio che le cose andrebbero meglio anche fra la gente. Il mondo in cui era stato fino a qualche anno addietro gli aveva consentito facilmente di vivere questa verità: così certo, anche nelle sue incertezze, così evidente e palese, così aperto in tutte le sue ragioni, le parole servivano solo per un commento, o per le espressioni traboccanti. Tutte cose eliminabili senza difficoltà, senza toccare niente d'essenziale; un'eccedenza, o un disturbo, a seconda dell'orecchio, la sua tollerabilità. Man mano che s'assottigliava, quel mondo, che sgretolava la sua compattezza naturale, il silenzio era cambiato; interrogativo, prima, e poi sempre più sgomento e atterrito di dover parlare, di non poterlo più imparare, di diventare muto, restarci per sempre. Da un pezzo, ormai, era ammutolito, il padre con sua moglie; quei lavori che continuava erano balbettii dolorosi, i mugolii di chi vuole ancora dire le sue parole, prima della fine. Contenevano, insieme, la dolcezza dell'antico discorrere e il lutto per l'attuale desolazione. Se non chiedeva di lei, non era per disinteresse e non più soltanto per timore, mentre s'incontravano a vuotare i cesti dentro le bigonce, disposte in mezzo al filare a coppie già pronte per essere caricate sul mulo, che più in basso brucava; o quando insieme sollevavano l'umido contenitore di legno, riempito solo alla metà per le loro forze, e, menLeandro Angeletti - 17

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