narrativae memoria ta a vivere con la sorella sposata, cioè con mia nonna. Ma aveva portato la peste in quella famiglia. Ernesto esce da questi conflitti. Per sua fortuna non risente di quel clima di angoscia. Mamma si occupava solo di papà. Telefonavo a casa, da Roma: "Come va? Come sta papà?" Lei rispondeva: "Devi stare tranquilla. Abbastanza bene, abbastanza bene". Invece aveva l'inferno in casa. Era stato anche un matrimonio pieno di liti e discussioni. C'erano dei momenti in cui ho odiato mio padre. Tre-quattro anni prima di morire mia madre aveva avuto un infarto con postumi assai lunghi. Avevamo fatto un consulto. Uscii dalla stanza di mia madre, dicendo: "Non c'è più niente da fare". Mio padre aveva inteso. Raggiunse il letto, scosse mia madre con tutta la forza di cui era capace, urlando: "Maledetta, mi lasci solo al mondo, muori!''. Mi sembrava la scena più terribile del mondo. Di una crudeltà forsennata e sorda. Mia madre tira solo una mano ossuta tanto era esangue: "Ma che cosa c'è Umberto? Che cosa ti succede?" E lui: "I medici dicono che stai per morire. Mi lasci solo". Egli piangeva come un fanciullo, e lei, come per calmare un malato o un bambino, diceva: "Ma no, angelo mio, non muoio, mettiti tranquillo. Piuttosto dammi una sigaretta". Papà le offerse una sigaretta. Ella non seppe far altro che ripetere: ''Dormi!''. La Lina parve esitare solo col medico, cercava le parole: " ... avevo dieci anni più di lui, era uno molto più giovane di me, un ragazzo... ''. Talvolta i morti non aiutano a far vivere le persone che essi hanno amato. Non so se gli ultimi giorni di Saba sono stati sereni. Lo spero tanto. Non era a Gorizia. La mattina lo ha trovato il medico. Aveva avuto dei sintomi, dei disturbi di stomaco il giorno precedente. È morto un sabato notte, tra il 24 e 25 agosto (1957). Mia madre era morta il 25 novembre del '56. L'ispirazione diventava un brevetto di fabbrica anche per me? Saba mi diceva sempre che tentava di usare degli appunti, durante la gestazione della poesia, ma che rimaneva ogni volta disgustato dal risultato. Le parole sembravano "legnose", quando provava a leggerle. Aveva una spontaneità, una naturalezza, essenziali, sempre. Mi sembrava tanto poeta, e forse lo era anche nelle situazioni più sgradevoli, perfino al cesso. Ho curato i suoi scritti postumi, Epigrafe. Ultime prose, le Prose, l'Ernesto, l'Epistolario. Il mio mestiere di testimone era dire come le cose sono andate. Ma la vita che ho vissuto con Saba mi sembra un defluire ingiudicabile, incerta e muta come un giorno non arrivato alla sera. Non potrei mai scrivere la vita di mio padre in prima persona. Mi sembra spaventosamente difficile. Poiché tutto quel che si dice mi sembra sempre sbagliato e inadeguato. Non ernano dei fatti straordinari in una vita pure apparentemente normale. Ma in realtà erano delle cose diverse da come le fanno gli altri. E poi quella sorta di stupore di fronte al fatto in sè dell'esistenza... 186 - Linuccia Saba
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