Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

narrativae memoria prio con quei ragazzi che non avevano un soldo in tasca. Papà trafficava con le giacche nel corridoio. Trovava sempre il modo di infilare del denaro nelle tasche. Di una tenerezza incomprensibile, insolita. Unarivalsa? Un desiderio di tornare indietro agli anni in cui tutto era ancora da decidere. Ma questo l'ho capito dopo. Dunque un rimborso o un indennizzo da parte di un adulto disperato per quella che poi sarà la condizione infelice di esistere. Odiava e temeva la vecchiaia. Non si spiega diversamente la poesia Vecchio e giovane ("Un vecchio amava un ragazzo. Egli, bimbo/ - gatto in vista selvatico - temeva/ castighi a occulti pensieri... "). Come la prefazione alle poesie sempre di Federico Almansi, che pare dettata appunto da una '' serena disperazione'', e che è un testochiave nel suo destino di uomo. Ricordo bene mia nonna, che era una donna estremamente poetica. Sono persuasa che molta poesia di mio padre gli venga dalla madre. Saba ha sempre negato. Ma io l'ho sempre affermato. "Senti, Linuccia", mi diceva curvandosi bruscamente sopra di me, "il vento umido della costa penetra fin nella nostra stanza. È un gran vento di mare". E chiudeva tutte le imposte facendo leva sul suo gran corpo. Già dalle cinque pomeridiane aveva chiuso le persiane. Ricordo esattamente il posto e l'ora. Sedeva in cucina davanti al fuoco. L'ambiente aveva odor di sapone, di stenditoio, e di abiti bagnati come di chi lavora per gli altri. Saba vedeva nella Lina la madre dal rosso scialle. Un lavoro di trasposizione poetica? Era proprio mia nonna che gettava sulle spalle uno scialle rosso di lana. Per strada mi faceva notare l'interminabile sgocciolio dei rami. Mi annunciava la primavera, piena di vapori e di sole. Ricordo che andavamo a passeggiare in quella zona di Trieste, cara anche a Saba, che non era più campagna e non ancora città. Saba e la madre avevano in comune gli stessi aggettivi per indicare quelle vedute di mare e di monti, le vie e viuzze di Trieste, il suo cielo, i suoi caffè, le librerie. Era il Saba delle "piccole cose", delle cose di ogni giorno, sulle quali hanno poi insistito i suoi critici. Per esempio, i monti "minacciosi" che stringevano Trieste, la "serena disperazione" di entrambi, o meglio, che il figlio aveva ereditato dalla madre. Erano espress1orucomuru 1n casa. Erano gli anni antecedenti la prima guerra mondiale. Quei vicoli e vicoletti della città vecchia (che erano la parte più antica e più italiana della città, e furono in parte, senza necessità, abbattuti), trovavano spazio nella poesia di Saba. Ed erano via della Pietà, via del Lazzaretto Vecchio, via del Monte. Proprio via del Monte ricordo, la quale iniziava con una sinagoga e terminava con un chiostro, ed ospitava il vecchio cimitero degli ebrei, al quale "gli orrori recenti hanno dato significati attuali e strazianti" (annotava Saba). 184 - Linuccia Saba

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==