Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

narrativae memoria è mai staccato. Così l'arte è guarigione. Può anche accadere che dopo la terapia l'attività poetica risulti impoverita". - "Un romanziere vive in solitudine la composizione di un testo?", gli chiedeva Elsa (Morante). "Solo la nevrosi consente di scrivere? Le sue pratiche clandestine sono la storia dei lettori? A che serve questo fitto colloquiare? E a chi?". "La teoria psicoanalitica - spiegava Musatti a quei malati - non ha prodotto soltanto un metodo di terapia psicologica, ma ha anche proposto un codice per la lettura in profondità di poeti ed artisti". Come nasce un'attività fantastica?, chiedeva qualcuno. E la risposta di Musatti: "Da una frustrazione. L'arte può rappresentare una speranza di guarigione''. Mio padre ci raccontava ch'egli era stato un uomo torturato; la psicoanalisi gli aveva rivelato le ragioni della sua sofferenza e offerto il mezzo per combatterla. Aveva tratto un beneficio dalla terapia e continuava a fare poesie nonostante la vittoria sulla nevrosi. "Liberato dalla nevrosi l'autore può dar congedo alla scrittura, cambiare mestiere, desiderio? La fine delle nevrosi determina la distruzione del discorso inconscio?", chiedeva Sandrino Penna. "Può accadere che attraverso la terapia l'attività poetica risulti impoverita - diceva Musatti. - Cesare Pavese e Franz Kafka avevano bisogno di psicoanalisi. Ma con la terapia avrebbero subito una prof onda metamorfosi". Kafka era più disperato di papà. Poiché era un ebreo boemo in terra tedesca. Papà citava a memoria alcuni passaggi da Kafka: ''combatto con delle ombre, se non fossi io stesso un'ombra la cosa sarebbe incomprensibile ... '' Musatti tentava di interpretare certi quadri di Carlo (Levi) con il metodo dell'analisi dei sogni. Diceva che il processo del sogno è uguale in pittura come in letteratura. Diceva che Guernica, per esempio, giustificava una lunga storia di sovrapposizioni esterne, un continuo estendersi e modificarsi di simboli. Chi osservava desiderava penetrare il lavoro misterioso di Picasso; e attraverso la lettura psicoanalitica si poteva intuire forse il furore iconoclasta dell'autor~ - da qui quella volontaria tendenza regressiva nel gusto raggiunta con sforzo improbo - e, trovava che nel Picasso esule, come in tutti noi se sradicati, c'era un inconscio in cui continuava a vivere una simbolizzazione arcaica. "Fa freddo. Sei senza soprabito, Carlo? Vado a cercarti il mio". Carlo (Levi) protestava dicendo che aveva caldo. Saba ormai aveva imparato a costruirsi un'anima che assomigliasse al suo viso. Eppure quell'inverno Saba doveva restare al chiuso, al sicuro, lontano dal contatto con quegli uomini ch'egli affermava di amare. Rivedevo Firenze, e una strada diroccata dove eravamo rifugiati, e Linuccia Saba - I81

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