narrativae memoria più freschi mi rimanda a quei tempi, al senso di felicità, alle nostre parole. "Conoscete il nostro narratore?", diceva papà nel vestibolo. Dal mormorio improvviso a più voci capii che erano arrivati Carlo (Levi), Elsa (Morante), Cesare (Musatti). La psicoanalisi aveva portato dei benefici a papà per molte ragioni. Una. Poiché per una persona malata parlare di sè è sempre un sollievo. Questo obbligo a parlare di sè per un'ora al giorno gli faceva bene. Poi, la dottrina lo aveva interessato. Era un interesse che lo distraeva dalla sua abituale angoscia, nella quale si era dibattuto come contro un'oscura vergogna. La sua isteria forse era un caso tipico di ritorno del rimosso. Una forma di nevrosi disperatamente coatta. L'angoscia gl'impediva proprio questo: di partecipare alla vita e di interessarsi alle cose. Ma la cura in sè gli ha reso evidenti e chiare le ragioni della sua sofferenza, e gli ha dato le armi per combatterla. A partire da allora quella sua follia era un po' meno oscura. Qualche volta enfatizzava la propria pena. Ecco il vertice. Vedevo che Saba si fermava e respirava. Non poteva andar oltre. Aveva raggiunto il limite, non del dolore umano, ma del proprio dolore. La psicoanalisi, in Saba, come in altri - ed è stato l'aspetto più benefico della cura - ha tolto il senso di tabù alla malattia, owero quel tanto di vergogna. Prima di Freud, il malato di nervi era un personaggio da segnare a dito. Per un malato di nervi allora era una vergogna percorrere una via o attraversare una piazza. Dopo Freud il malato di nervi era un malato come gli altri. Perfino la malattia mentale non era più nè una vergogna nè una solitudine. Poiché si è scoperto che quasi tutti avevano una qualche sofferenza interna. Per un nevrotico o uno psicopatico come Saba, per alcuni aspetti, la psicoanalisi era stata una liberazione e un sollievo. Saba conosceva l'opinione di Freud sull'isteria, già nel 1953, dalla edizione inglese (S. Freud, Collected Papers, London, I, necrologio per Charcot): ''Questa malattia, la più enigmatica di tutte le malattie nervose, sulla quale nessun medico aveva ancora potuto avanzare ipotesi veramente valide, era caduta in un discredito che colpiva tanto i malati che i medici che se ne occupavano. Ritenendo che nell'isteria tutto è possibile, alle isteriche non si voleva dare alcun credito. L'opera di Charcot restituì a questo problema la sua dignità; a poco a poco, si rinunciò a quei sorrisi di scherno sui quali le malate potevano, allora, contare con assoluta certezza''. Ora Freud parlava di isteria '' caratteristicamente femminile", ma non escludeva l'isteria maschile, propria di uomini afflitti da instabilità mentale, traumi infantili, debolezze femminili. "Ogni artista sogna", ci diceva Musatti. "L'arte è un modo di inserire di nuovo l'attività fantastica nella realtà. L'artista completo non 180 - Linuccia Saba
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