Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

narrativae memoria di aglio) o lo stufato consumato per ore e ore a fuoco lento, o l'arrosto dorato e tenerissimo e le seppie col nero o tutte le altre cose che, di volta in volta, gli piacevano. Sì, certo, e mi pare impossibile, è la stessa cucina dalla quale partivano i piatti per Saba e per gli amici venuti da vicino e da lontano per stare con lui, ed erano invitati a pranzo e anche - perché no - un po' giudicati dalla famiglia a seconda della capacità del loro stomaco. Così era giudicato inappetente chi si accontentava di due grosse fette di carne e inefficiente chi non riusciva a finirne una. Ricordo il piacere di Svevo, povero Svevo eternamente costretto a dieta, quando, invitato a pranzo da Saba, lasciava paura e malattia fuori della porta e si abbandonava al suo naturale piacere per la buona tavola. Ma a queste cose, guardando oggi Saba, non posso pensare, non posso pensare a quei tempi passati e affettuosi, vorrei poter pensare a un avvenire almeno un poco migliore, vorrei rivedere Saba, riaperto il cuore agli amici che lo aspettano, mangiare in compagnia, vorrei rivederlo mangiare senza ripugnanza per i1 fatto di nutrirsi, vorrei provarne meno pena per potergli volere più bene. I poveri sono puntuali. Alle dodici del mattino Sandrino (Penna) si trovava in cima alle scale e suonava alla nostra porta. Lo sapevo dai rintocchi della campana della chiesa di S. Andrea delle Fratte la cui cupola troppo vicina al nostro terrazzo pareva una montagna di pietra. "Fa presto", mi diceva Sandrino in cucina, e, furtivo, ingoiava canditi, paste, cioccolata. Trovavo che queste inezie rasentavano quasi il sublime. Penna mi parlava di un suo libro che era stato appena stampato. Suo probabile successo, e probabile fine della miseria. Faceva la spola tra la cucina e le finestre spalancate sul terrazzo da cui entrava il tiepido sole di giugno. Tutta la luce del giorno era concentrata in quelle stanze di soggiorno. Quasi un chiarore di latte. Sandrino come il diavolo Asmodeo si sporgeva sulla vita degli altri. Si perdeva a scrutare una casa oltre la strada. La sua attenzione era polarizzata su un punto attraverso una finestra di fronte. Ma, più che lo sguardo, la mia memoria è polarizzata oggi in quel solo punto come i raggi nel fuoco della lente. Osservava un uomo, una donna giovane, lui rideva a scatti, d'un riso irresistibile. La donna dipanava i suoi capelli sulle spalle. Anche Sandrino era felice e tentava di riportarmi alle loro conversazioni. Solo un poeta poteva immaginare il dialogo tra quei due giovani. Ho appuntato perfino le battute, riferite da Sandrino. Così quel ragazzo: "poche parole / lesini anche i baci / splendido fiore umido / celi / non c'è tristezza". Gli uccelli (regalati da Saba) cantavano come impazziti. I passeri si affacciavano sul tetto attratti dal grano e dalle molliche sparse da Saba. Altri odori e rumori di quella vita cara. I gigli sfatti dal caldo mandavano un odore animale. E ancor oggi l'odore dei gigli non Linuccia Saba - I 79

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