Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

narrativae memoria Elsa e lo aveva intitolato "viola del pensiero". Mio padre tra gli appunti di Ernesto conservava una foto di Elsa giovane, il viso fine e dolce, capelli neri e ricciuti. A mano a mano che scriveva, le leggeva la storia di Ernesto, che non avrebbe avuto mai fine. Elsa amava il romanzo del poeta amico all'ultima svolta della vita, entrava, usciva dalla clinica romana (una gabbia poetica dalle pareti bianche per il suo desiderio di essere difeso dal mondo) in cui era ricoverato. Ricordo i colori e la luce di quella tardiva primavera (1953). Ancora un poeta, Sandro Penna. La stessa cornice solare. Nessun rischio di rivalità di mestiere tra i due amici. La natura produce somiglianze. Sandro aveva un "complesso infantile". Viveva con intensità, estro, fantasia. Gli piaceva andare alla deriva. Era povero. La mamma gli voleva tanto bene. Amava i dolci, un intero pranzo di dolci. Eravamo felici per cose da nulla. Non immagini l'intensità, l'estro, la fantasia con cui vivevamo. Ricordo una sera a casa mia, in via Due Macelli, a Roma. A cena avevamo mangiato una minestra di bollito, pane azzimo, un piatto di legumi; i gatti ruzzavano tra i vasi e le piante del terrazzo. Sandrino (Penna) rivolgeva delle malignità ad Elsa, dicendole che era mantenuta da Moravia. Le diceva: osserva piuttosto il mimetismo di certi tuoi amici, larve del sottobosco della cultura, essi proliferano solo in humus umido e molle. Sandrino era indispettito dalla ricerca dell'effetto e dalla finzione contenuta in Menzogna e sortilegio. Le diceva che aveva commesso quasi tutti i peccati letterari: amore per la forma, una certa ènfasi. Lei al contrario sperava di riportarlo all' entusiasmo dei suoi primi lavori, Caterldalla trecciolina, ma sbagliava, poiché rimarcando la sua espressione di ostilità e meraviglia Sandrino definiva la posizione di Elsa in letteratura pretestuosa e vana. Allora lei accusava Sandrino di non capire la poesia. "Con te non approfondisco il discorso", disse Sandro. Ma mio padre citò Benjamin, e rispose per lui: "Leggere ciò che non è mai stato scritto. Questa lettura è la più antica: quella anteriore a ogni lingua - dagli animali, dalle stelle o dalla danza". Elsa diceva: "ho bisogno di scrivere. Non avere paura: con Moravia nessun rischio di intimidazione, rivalità di mestiere, nessuna illusione, e neppure seduzione. Il gioco tra noi è chiuso. Mi piace andare alla deriva. La scrittura è un ripiego. Obbedisco alla legge di apparizione - sparizione che regola il personaggio di Elisa (in Menzogna e sortilegio). Immagino di essere lo spettatore-regista. Io sono il personaggio chiave di uno strano rito. Parlo, piango, rido, non conosco l'inerzia, riesco ad essere armonia e mobilità". Cominciò a piovere. Mancava la luce. La terrazza pareva un giardino galleggiante. Lampi, pesanti gocce sulla natura arsa che aveva sete. Un grillo proseguiva al riparo dei getti d'acqua il suo suono di mago della musica. I piccioni avvolgevano le piume nella colombaia. Carlo Levi sorvegliava i vasi di coccio, le pietre mutile che avevo preso un po' Linuccia Saba - 175

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