narrativae memoria Mio padre aveva studiato a fondo il modo di vivere dei greci; mi parlava del mito dell'anima come Amore in Platone. Nella Grecia antica l'Eros era senza rimorsi e inibizioni; i rapporti omossessurali erano frequenti tra fanciulle, come tra ragazzi, e non incontravano riprovazione morale nè nè castigo. Così nell"'Ernesto", da un primo istinto vitale che coglie il piacere promesso, si avanza felicemente e sommessamente verso una più cosciente ragione amorosa. La componente femminile è forte nel ragazzo Ernesto. E Saba sosteneva che non è errato se un uomo, per verificare se stesso, passa attraverso esperienze omosessuali, nel periodo dell'adolescenza e prima giovinezza. Non sapevo molto delle esperienze omosessuali di mio padre, nè desideravo saperne di più. Quello che credo è che non si può giudicare l'amore, qualunque vestito esso si metta. L'infanzia è il tutto di una vita. Mio padre non ha avuto un'infanzia felice, c'era un conflitto grave tra madre e padre, e da ragazzino viveva sempre con quattro zitelle. Amava molto la balia. Il Saba bambino non conobbe il '' duro padre''. Sua madre apparteneva a una famiglia ebraica ricca e dalla disciplina molto severa. Era una splendida donna, molto poetica; la poesia e la cultura venivano a mio padre dalla madre. Ma Umberto Saba bambino non amava con tranquillità. Il romanzo Ernesto esce da questi conflitti. Perché mi sono decisa a pubblicare il libro, a diciotto anni dalla scomparsa di mio padre? Non lo so. Improvvisamente ho desiderato vederlo stampato. Forse erano i giorni nei quali abbiamo amato di più Pasolini. Alcuni giornali di parte parlavano di lui senza riserve: era tremendo sentire le ragioni che potevano addurre ad onta di una morte sommamente infelice. Non c'era polemica, ma ho sentito che era ora di pubblicare Ernesto. Non l'ho guardato, nè riletto: una cosa fatta d'impulso. Umberto Saba scriveva Ernesto mosso dallo spirito d'infanzia: con lo spirito dell'infanzia giudicava persone e cose. Si potrebbe citare il Saba di Scorciatoie: "Per fare, come per comprendere, l'arte, una cosa è, prima di ogni altra, necessaria: avere conservata in noi la nostra infanzia: che tutto il processo della vita tende, d'altra parte, a distruggere. Il poeta è un bambino che si meraviglia delle cose che accadono a lui stesso, diventato adulto. Ma fino a che punto adulto?". Mio padre scriveva Ernesto in uno stato di grazia. La sua vita è stata una delle più tormentate che un uomo abbia mai condotto. Non sapeva che cosa desiderare sperare e temere. Provava un indicibile desiderio di quiete. Ernesto, il suo apologo più liberatore, quasi un vortice di mai provata beatitudine, non risente del clima di angoscia: il libro gli procurava momenti di felicità, mentre il vecchio poeta si avviava alla morte. Mi scriveva: " ...ma potrò finire Ernesto? È sommamente improbabile: basta un niente a portarmi in un clima che non è suo. Tremo". Linuccia Saba - 173
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