narrativae memoria regresso verso l'infanzia. Una sera, a Trieste, lo ascoltavo mentre precisava a mia madre il malessere che respirava. Una sorta di disperazione sotto forma di aria impalpabile. E poi: "La paura è passata", diceva come per rassicurare se stesso. Ma sapevo bene che la paura era I,. sola forza che l'avrebbe ancora nutrito. Ricordo un pomeriggio, mio padre e mia madre erano seduti d fronte: aveva appena serrato le palpebre che avvertì la mano di lei, allora aperse anche lui la palma della mano. Spalancò la finestra: alcune figure umane bisbigliavano nei vicoli di Trieste, apparivano dei volti, altri si dileguavano. Declinava il giorno e la sua luce: aveva piovuto da qualche parte: mio padre aspirava quel profumo che amava fatto d'acqua e di terra. La loro unione era un miracolo d'amore. Mia madre, di una maternità immensa, si occupava solo di mio padre. Non hanno retto l'uno alla scomparsa dell'altra. Più anziana di alcuni anni, mia madre lo precedette di qualche mese. Assisteva alla disperazione di papà, lo guardava intensamente: "Che cosa ti succede, Umberto?" Non so quali erano le origini di quella sua angoscia. Forse l'adolescenza vissuta in un ambiente dominato da donne. Certe paure infantili. Certo non ha avuto un'infanzia nè facile nè semplice. Del resto ne parla lui stesso. Non penso soltanto alla storia di Ernesto, ma ad episodi più nascosti, come ce ne sono in tutte le vite. Tuttavia la poesia di Saba non risente di quella sofferenza, e ne esce quasi depurata. In genere in casa nostra si parlava di ogni cosa con lo stesso spirito con cui era stato scritto Ernesto. Comunque delle ragioni esterne per l'angoscia sussistono sempre. La sua disperazione non apparteneva a un solo uomo ma a una classe di uomini. Che altro aggiungere se il tema comune a una classe di intellettuali era la disperazione? Dai loro discorsi mi pareva di capire che l'avvenire è un passato che ci precede. Ma nessuno di loro riusciva a prevedere o ritrovare il cammino di questo passato che ci precede. Più il pensiero umano progredisce, meno comprensibile diviene la loro esistenza e la stessa opera. Mio padre non esasperava la propria paura, inquietudine, lo sgomento. La propria incapacità o impotenza a cambiare le sorti del mondo. Per esempio nel sodalizio con Sandro Penna, una connessione tra sensazione e sentimento nel vivere dolore. Una minaccia, un doloroso - esser - colpito, un sentimento che rapportava questa minaccia e lesione alla sensazione d'esser puniti, perseguitati, emarginati. Forse perché entrambi omosessuali, più manifesto Penna, asai più velato papà. Altre volte una angoscia come stato di nulla. Niente di più ambiguo dell'angoscia. Kierkegaard confronta l'angoscia con la vertigine e una condizione di timore e tremore. Attraverso il ritratto di mio padre vorrei chiarire il male di cui un poeta può morire. Un poeta conserva in sè il carattere di una delle età della vita. Lo conserva sempre. Alcuni sembrano essere sempre stati vecchi, altri sempre bambini. 172 - LinucciaSaba
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