Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

raccontistranieri sgrazie, ai saturnali che ci attendono, planetarie. Protesi le braccia per raggiungere il golem dagli occhi spenti, come vetro o plastica senza splendore, materiale opaco, ma si disciolse nella nebbia e la mano destra ghermì una radice simile ad un omuncolo che emetteva leggeri gridi come se fosse un animale. ''È la mandragola'', spiegò la mia guida, '' essa la proteggerà negli abissi se non la perde, di più non le so dire''. La debole luce della luna non mi permetteva di vederla bene, solo gli squittii da topo umano mi garantivano che era viva: quanti anni vive? "Trenta e tre anni, tre mesi, tre settimane e tre giorni, qualora sia tenuta nascosta ed il suo nascondiglio non venga scoperto", mi spiegò ancora la guida. E se la scoprissero? "Le consiglio che ciò non avvenga''. La riposi nella tasca dei calzoni, sepolta vicino al sesso, dove i suoi gridolini smisero di farsi sentire. Quando potrò dormire? domandai. "Fra poco", disse uno di loro, di sicuro il direttore d'orchestra in quanto l'aborto sembrava muto e l'uomo-cane già da molto si manteneva silenzioso. Mi angosciava portare nella tasca quell'essere intermedio tra vegetale ed animale, nato dallo sperma sparso sulla terra e utilizzato da Leah a fini afrodisiaci. C'è chi impazzisce nell'ascoltare la sua voce, per i suoi lamenti non esistono rimedi. C'è chi è stato trasformato sotto i suoi effetti come i marinai di Ulisse tramutati da Circe e Lucio di Apuleio che fu cambiato in asino. Quale sarà mia sorte? Dopo un lungo imbarazzante silenzio tra di noi, la faccia animalesca del figlio più grande del filosofo si rivolse alla luna e si protese verso di lei come se volesse raggiungerla, un ululato prolungato gli sgorgò gutturale, e io indietreggiai impaurito; seguirono nuovi ululati mentre brividi percorrevano le mie viscere senza arrivare in superficie, senza riuscire a prorompere dalla pelle. Ma non fuggii, la sete di sapere abbatteva ogni ostacolo e chiedeva di ascoltare quella straziante melodia. "Non sono un lupo mannaro" mi tranquillizzò il cane-uomo, "ma in notti come queste ho bisogno di gridare, di sentire la mia rabbia per essere condannato a tutto ciò, all'indifferenza senza confini, a sapere che per me tutto è senza senso, solitudine senza fine''. Il fratello direttore d'orchestra rimase taciturno, il viso color carne viva molto pallido. Mancava poco al nascere del sole, il sonno opprimeva, e devo aver dormito perché ricordo solo che il giorno successivo fui svegliato dal mio agente letterario che si era accordato per venirmi a prendere a mezzogiorno per andare a pranzare con l'editore. Stanco e intontito finii di svegliarmi del tutto in un ristorante elegante, seduto a tavola con Tom, l'editore, e Brodskij, il poeta sovietico esiliato che conobbi a Rio. Ed ecco ad un tratto accorgermi che l'editore era somigliantissimo a me, avrebbe potuto essere me se fosse nato in un altro paese, scelto un'altra vita. Tom si divertì della rassomiglianza, Josif Brodskij fece uno dei suoi soliti commenti ironici e contorti, l'editore 128 - Almeida Paria

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