Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

raccontistranieri Anche i melomani si fecero indietro mentre il terzetto si avvicinava con esagerati convenevoli, quando il compagno del giorno prima presentò quegli esseri come suoi fratelli più giovani, uno morto ancora feto anfibio, l'altro, che usava calzoni alla zuava e stivaletti del tempo dei nostri nonni, nella pubertà, ucciso durante una lite causata dal suo temperamento troppo aggressivo, da cui i denti d'acciaio nella sua vita d'oltretomba. Salutai i nuovi conoscenti mascherando la ripugnanza provocata dalla viscida stretta di mano dell'adolescente che ribattezzai direttore d'orchestra e che mi invitò a seguirlo in un terrapieno nel parco, plateau (parlava solo francese) dove archeologi affermavano che un tempo erano stati compiuti sacrifici e dove da generazioni, prima che i bianchi avessero saccheggiato e sottratto ogni cosa agli indiani, questi venivano in pellegrinaggio ad invocare le anime dei sacrificati nelle notti di nefande transizioni astrali, anime orride, difformi, deformate da secolari disgrazie. Il suo discorso fu prolisso, ed io me ne distolsi guardando la nebbia che si alzava bassa. Allora le anime esistono? domandai per non addormentarmi, nel vederlo disposto alla conversazione. "Certo", confermò, "è ciò che gli scienziati designano come antimateria e che si manifesta nella camera di nebbia; poiché la notte è buia, ci si trova in presenza delle condizioni propizie per l'apparizione delle anime, che non hanno nulla in comune con noi in quanto noi siamo reincarnazione di corpi, mentre le anime sono dovute a trasmigrazioni non ancora concluse, senza asilo nè requie, anime vaganti". Curioso e convinto li seguii nella parte più buia del parco che conduceva alla radura dove si innalzava l'altopiano. Non posso descrivere ciò a cui assistetti, nè lo sarebbe capace la mia debole arte. Se non sappiamo in cosa consistono i misteri dionisiaci, perché e con quale diritto rivelare quello che non può essere divulgato? Dirò solamente ciò che mi hanno autorizzato a dire che in quel luogo era stata sotterrata una erinna nell'era in cui l'Europa e le Americhe erano unite, prima che Atlantide sprofondasse; ed ora un golem dalle sembianze uguali alle mie attendeva il mio arrivo sulla tomba della furia per trovarsi faccia a faccia con me, per predirmi che un altro doppio un giorno verrà a sostituirmi nella vita ed allora io dovrò imbarcarmi per là dove nessuno più mi vedrà nè mai più si ricorderà di me. Presto o tardi? il morso della paura cominciò a rodere le mie viscere provocando·un foro allo stomaco, un vuoto, come se la morte vi si annidasse. La vertigine del pericolo mi attanagliava, attrazione per il gemello che esiste altrove ed è ciò che io non potrò mai essere nè fui mai e che paziente vaga per qualche città dentro o fuori la terra recando nella sua valigia il peso delle catastrofi che stanno per abbattersi su di me e che indovino, come nuvole minacciose prima del diluvio, al cospetto di questo imperturbabile triunvirato, mie parche avvezze probabilmente ai misteri saturi di diAlmeida Paria - 127

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