raccontistranieri di contadini di un borgo dei dintorni, gente pacata e triste che mi allevò come Dio volle; verso i cinque anni manifestai la mia precocità quando mi capitò tra le mani un vecchio esemplare latino di Lucrezio che era appartenuto al prete del villaggio morto di tisi e mai sostituito ( morì in casa dei miei genitori adottivi e diede loro quel libro proibito che egli leggeva al posto del breviario); appresi così il latino imparando ad amare la natura di cui ero figlio "naturale", amore in seguito interpretato come Ersatz della madre carnale; se uso la parola tedesca è perché poco dopo mi iniziavo a questa lingua grazie ad uno scienziato di nome Wundt, che aveva sentito parlare del mio talento linguistico e lo voleva studiare con metodi sperimentali; autorizzato a portarmi con sè in Germania, cominciò subito a conversare con me nella lingua di Leibniz,che abbonda di omofonie, per cui all'inizio confusi il suo nome con Hund, che significa cane, forse un'intuizione della mia vita attuale; le mie confusioni iniziali non si fermarono qui: scambiai in principio il nome illustre di Wundt con Wunde (piaga) e Wunder (miracolo, prodigio) che mi sembrò un presagio della nostra ambivalenza nei rapporti con la scienza, allo stesso tempo piaga e prodigio, miracolo e tormento; il mio mentore pretendeva non solo di sfruttare il mio ingegno per i suoi saggi ed esperimenti, ma soprattutto di fare di me uno scienziato, la qual cosa mi allettava di meno: i miei entusiasmi si rivolgevano alla contemplazione delle cose, non alla loro semplice osservazione con discutibili fini cosiddetti scientifici; mi dilettavo a contemplare in modo istintivo, "animalesco", aggettivo che non considero peggiorativo; la scienza è degna di rispetto, ma non mi interessa". In quell'istante guardò l'ora e trasalì, turbato: "il tempo è passato in fretta, come nella prima vita, devo andarmene via perché non posso affrontare la luce del sole''. Obiettai che nella metropolitana non arriva un raggio di sole: '' questo è ciò che voi credete, prima di morire e percepire le infinite gradazioni della luce; quando leimorirà lo capirà, ora le auguro buon giorno, spero di incontrarla di nuovo qui o da qualche altra parte". E scese alla fermata successiva. Stupefatto restai in quella vettura, ora sinistra, con un'improvvisa sensazione di paura. Pensai che stessi sognando, ma i freni del treno mi diedero la prova che quella era la realtà, rumorosa e pericolosa altermine dell'alba. Due stazioni dopo potevo lasciare la subway e dirigermi al Chelsea, hotel che avevo scelto perché inquietante ed economico, con lo sportello della cassa protetto da grate di ferro come in certe banche e le stanze chiuse a quattro mandate. Da quando Fitzgerald ci ha vissuto e Warhol ha filmato lì "Chelsea Girls", questa spelonca bohèmienne è divenuta popolare anche nei bassifondi, per la frequenza delle rapine persino in pieno ascensore. Mi riprometto sempre di non tornarci, ma il frisson non mi fa mantenere la promessa fatta a me stesso. Dormii tutta la mattinata e buona parte del pomeriggio, con la de124 - Almeida Paria
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