Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

raccontistranieri "nell'altra vita". "Nell'altra vita significa esattamente questo, o ignora che dopo morti ci trasformiamo in animali, secondo la nostra autentica natura?" Lo ignoravo, ovvero, conoscevo la mitologia, ricordavo che Ecuba, madre di Ettore, era stata trasformata in cagna, che l'inferno era guardato da Cerbero, cane dalle cinquanta teste o appena tre e la cui coda aveva forma di serpente, che Anubi, dio dei morti, poteva essere sia cane che sciacallo; ero disposto ad ammettere che i miti fossero metafore di altre verità; che, in una parola, esprimessero verità occulte, non che io post-mortem mi tastassi e mi scoprissi ricoperto di squame o penne, pesce di oceaniche profondità o filosofica civetta. Senza darmi ascolto, proseguì: "Non è il caso che ciò sia portato a conoscenza dei vivi, che del resto hanno già vissuto altre vite nonostante che alla nascita lo abbiano dimenticato; ci sono nell'aldilà enormi edifici, agenzie di collocamento altamente burocratiche, piene di schedari ed archivi con le vite disponibili; purtroppo la rosa delle scelte è ridotta, le buone professioni sono molto richieste e mi risulta che non mancano raccomandazioni, che angeli ed arcangeli ricevono bustarelle alle quali alcuni santi non sono insensibili; insomma lo stesso bailamme di questo mondo, fattosi più sofisticato ma non meno corrotto; in questo momento io potrei essere un tipo ignorante e rozzo, un patito di sport, un politico demagogo, possibilità che non mi allettano; e poiché nessuna ipotesi a tutt'oggi mi ha soddisfatto, preferisco aspettare tempi migliori; ritornerò là solo fra dieci anni perché non mi trovo male dove ora sto, mi informo tutti i mesi allo sportello degli arrivi se c'è gente illustre venuta di fresco, cerco di preservare le mie facoltà frequentando persone intelligenti, di preferenza artisti e qualche avventuriero, dei professori diffido, ebbi con loro esperienze disastrose; ciò nonostante non mi lamento, sono incline ad essere pacifico, passivo, dedito alla meditazione e alla lettura dei grandi umoristi". Come a confermare le sue parole, ritornò al New Yorker aperto su una cronaca di Jane Kramer. Capii che dovevo lasciarlo leggere in pace, il che mi permetteva di osservare la tentennante testa muoversi al Iitmo vertiginoso del convoglio che passava veloce tra i marciapiedi deserti senza fermarsi. Rumore di vetture, stridere di freni prima delle curve, il sonno che si impossessava delle palpebre, il timore di addormentarmi li e di svegliarmi chissà in quale altro posto, tutto contribuì a decidermi di interrogarlo: mi sarebbe piaciuto che mi raccontasse nei particolari come funzionavano le cose nell'altro versante del mondo sotterraneo, se non gli costava troppo. "Per costare mi costa, se però mi promette di non interrompere continuamente con futili questioni, glielo posso raccontare". Promisi, ed egli raccontò: "Nacqui a Parigi, sono uno dei cinque figli che Jean-Jacques Rousseau abbandonò alla carità pubblica, fui raccolto da una coppia 122 -Almeida Paria

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==