Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

raccontistranieri Non penserete mica di passare qui la notte, porci che non siete altro. lo non faccio la tenutaria di bordello! Ma poi, all'osteria, ci pagò da bere. Uscimmo e lui camminava davanti a noi, barcollando e ripetendo a mo' di cantilena: Non faccio mica la tenutaria di bordello, porco che non sei altro. Davanti alla porta di casa si girò e disse: Allora, stringetevi ancora un po', che poi porto dentro la signorina e voi ve ne andate a casa. Come si girò Sophie mi sussurrò all'orecchio di recarci nel cortile sul retro mentre lui l'accompagnava in camera. Aspettammo fino a che non sentimmo più il rumore dei suoi passi. Allora ci precipitammo nel cortile. Mi ascolti bene, signorina - lo sentimmo dire dalla stanza - se ha intenzione di aprire un bordello si cerchi un altro fesso. Con me non c'è niente da fare. Il sarto continuava a gridare e a noi giungevano strani rumori. Infine ci fu silenzio e la porta di casa venne chiusa. Sophie aprì la finestra e ci arrampicammo su. Robert si sedette sul davanzale, io mi sdraiai sul letto. Sophie raccontò di suo figlio, che aveva tre anni, il cui padre, un marinaio svedese, una volta gli aveva regalato un vestitino bianco. Parlava con l'accento duro di chi proviene dalla costa e ci parlò del suo grande amore, uno che lavorava in un circo e che lei, per sei mesi, aveva anche seguito. Lui l'aveva picchiata e lei ci mostrò la cicatrice che aveva ancora, sopra l'occhio. Robert la guardò e allungò le mani sul tavolo, e lei disse che non avremmo dovuto entrare. Per tutta la notte ci raccontò, in quella stanzetta buia, le sue lunghe storie. Mi sembrava di vederla, mentre piangeva per lui. Dal cortile si sentì un gatto miagolare. Poi il sarto ci sbattè fuori e passammo le calde notti estive in giro, raccontandoci le storie più folli. Quando andai dal dottore per farmi mettere ancora in malattia, Sophie e Robert mi aspettarono in spiaggia e passarono il tempo scrivendomi lunghe lettere; la sera andavamo in un'enorme sala da ballo sulla scogliera. Una volta, un fine-settimana, era stato indetto un concorso canoro, e Sophie ci convinse a partecipare. I soldi erano finiti, e secondo lei avremmo almeno potuto vincere una bottiglia di vino. Riuscimmo a entrare passando dalle finestre dei gabinetti, entrammo in sala a distanza di tre minuti l'uno dall'altro e ci sedemmo a tre tavoli diversi per dar l'impressione di aver assistito alla manifestazione fin dall'inizio. Sul palco si esibiva un complesso beat, uno di quelle centinaia che affollavano la costa quell'anno. Ci davano dentro di brutto. Davanti a loro s'agitava una massa di gente sudata e, ogni tanto, il bassista, un tipo altissimo, urlava qualcosa di inafferrabile nel microfono e qualcu11O - Thomas Brasch

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