Linea d'ombra - anno I - n. 2 - estate 1983

raccontistranieri za, e mantenevo la stessa andatura dirigendomi verso di essa. Il tuo discorso d'addio, urlai, ma Robert non rispose. Un attimo, e saremmo piombati addosso alla macchina. Quando lasciai appena appena l'acceleratore, disponendomi sulla destra della carreggiata, riuscii a scorgere il guidatore. Ora eravamo quasi all'altezza della macchina, ed io accesi i fari. Vidi il guidatore girare la testa di scatto, quasi con violenza, e riuscii a fatica ad opporre resistenza al risucchio fortissimo creatosi al nostro passaggio. Avevamo superato la macchina; dietro di me sentii uno stridore di freni. Girai la testa e vidi, per un attimo, il guidatore che, sceso dall'auto, aveva appoggiato le braccia, sconvolto, sul tetto della macchina. Frenai e fermai la moto. Robert scese e s'avviò lentamente verso un albero, al bordo della strada. Appoggiò la schiena contro il tronco e mi guardò. Era pallido, la voce gli tremava. Che cosa ti è saltato in testa. Non sarebbe successo nulla, risposi, ma sentivo ancora tremarmile ginocchia. Hai voluto dimostrarmi che sono uno stronzo, io e le mie tirate filosofiche. Adesso non ricominciamo, dissi. Ah capisco: tu sei uno che non si crea problemi, che è capace di guardare in faccia la morte. Ecco, era questo il senso dell'esercizio. Mi sedetti sull'erba e accesi una sigaretta. Forse hai ragione, disse; teorie, sistemi, ricorsi storici: ne ho piena la testa da scoppiare. Vogliono che ci concentriamo sulle Grandi Cose, sui Quesiti Fondamentali, e che sono tali solo in apparenza, impedendoci così di riflettere sulle nostre esperienze. Ci danno il permesso di salire sulle barricate solo quando si tratta di musica, di un certo taglio di capelli o di un paio di pantaloni. Sono cose innocue, ma lo capiremo troppo tardi, quando cercheremo di sfondare la porta che loro hanno lasciato semplicemente accostata; e così cadremo a faccia in giù. E allora ci metteremo a parlare di questo deserto che ci sentiamo nel cuore, ma loro ci faranno presente la tragica situazione in India e quindi la nostra meschinità. Non sopportano l'idea che anche noi possiamo parlare, e a voce alta, proprio come fanno loro, delle nostre esperienze, invece di riflettere, come fanno loro, sull'India e sulla fame. Ecco, una cosa ho imparato da te. Tu non parli mai di cose che non conosci. Insomma, tanto di cappello all'uomo semplice, dissi ridendo. Sto parlando sul serio. Devi essere contento di sapere che sei fatto diverso da me. Quelli come me restano adolescenti a vita perché fanno sempre il tifo per o contro il Grande Capo. Ed è proprio questo che vuole il Grande Capo. Lo ascoltavo. La sua voce sembrava venire da molto lontano, ed ero contento sapendo che egli neppure intuiva quanto io ben conoscevo ciò che lui provava. Thomas Brasch - 103

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