racconti italiani - giovani ta alla meglio davanti alla piccola toletta per allontanare un'aria di stanchezza, che già l'avessero vista: la sorpresa avrebbe reso più impacciate le spiegazioni. Uscì, senza toccare le valige e aprire la finestra, nella cucina, ma la trovò deserta, il camino spento, la porta spalancata per la luce: non c'era altro, al di fuori d'una piccola grata di lato, uno spioncino che non bastava nemmeno a fare entrare un po' d'aria, nel largo spessore del muro, pieno, poi, di cianfrusaglie, un ferro da stiro, un vecchio lume a petrolio di quando ancora non c'era la luce, un paio di scarponi fuori uso, qualche ferro arrugginito. Poteva essere scesa in cantina, o fuori per un po' di legna, nella piccola aia dietro la casa, dove, addossata al muro, la catasta non arrivava mai ad esaurirsi, per la sollecitudine del padre. Ma tornando indietro, dalla porta socchiusa in fondo al corridoio, per disfare le valige e riporre le sue cose, il sospiro appena avvertibile d'una tosse leggera l'arrestò ch'era già entrata; senz'altro la madre stava finendo di riordinare il letto e, forse, sentito il rumore dei passi, quello era stato il richiamo discreto della sua presenza. La trovò, schiudendo la porta, che dal letto la fissava già prima d'entrare, con la testa sollevata su due cuscini, dentro la penombra che sapeva leggermente d'orina; non la ricordava così magra, la bocca risucchiata da dentro, la massa fragile dei capelli che pareva doversi polverizzare ad ogni momento. Non riuscì ad indovinare, per la poca luce, il senso dell'immobilità in cui dal letto continuò a fissarla, mentre lei non era riuscita a muovere un passo sulle tavole della stanza, prima che la voce articolasse in movimenti brevi e interni delle labbra - sei tornata - ma già disciolta e come risassorbita in una rassegnazione muta. Non riuscì, subito, a trovare le parole, sul vano della stanzetta dove il grosso letto dalle larghe testate di lamiera e il cassone poggiato alla parete lasciavano poco spazio ai movimenti. Ancora non abituata al silenzio che pareva assorbire le cose, i muri, la terra, in una segregazione dal tempo reale, dove ogni gesto, rumore, la voce, e l'immobilità stessa, parevano destinati a perdersi inerti, per nessuno; e la madre, persa dentro il letto, l'estrema consumazione di quell'isolamento, sul punto d'impietrire la propria pena. - Hanno avvertito anche te, - ancora, dopo una sospensione ch'era parsa eterna, dalla bocca percorsa, nel parlare, da un fremito impercettibile, chiusa. Il tentativo d'addolcire la distanza, adesso che pareva il momento ultimo, mentre quell' "anche" finiva per ribadire la frattura e colpire come un rimprovero involontario, atroce, sebbene al di fuori d'ogni intenzione, che la madre, avvertendo, subito richiuse contro di sè senza più parlare. Una malattia, forse, che nessuno le aveva potuto comunicare, a lei che aveva smesso anche di scrivere, da un pezzo, e loro non avrebbero 8 - Leandro Angeletti
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