numero 2 - SPECIALE ESTATE 1983 - lire 6.000 \,~ ' ·:·,.f.' trimestrale di narrativa sped. in abb. postale• ffr. IV0 -70% • MassMedia Edizioni• Via Gaffurio, 4 • 20124Milano
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. sommano RACCONTI ITALIANI Leandro Angeletti Sulla strada pag. 4 Claudio Lolli Considerazioni di un rettile 31 Phillip Hill Calliope 43 Daniele Gorret Cantastorie 46 Stefano Benni L'uomo che andava d'accordo con tutti 67 RACCONTI STRANIERI Thomas Brasch Sopra di noi un cielo d'acciaio pag. 97 Almeida Faria Le passeggiate del sognatore solitario Dal disegno "Mise au tombeau" di Màrio Botas 121 J ohn Cheever Addio, fratello mio 132 ALMANACCO DI POESIA 1983 Poeti di Karl Kraus, Hans Magnus Enzensberger, lingua tedesca Friedrich Christian Delius, Gert Loschtitz, Werner Dtirrson, Heidi Pataki pag. 78 Luis Bunuel Poesie 1929 152 Poeti italiani Mario Luzi, Giovanni Giudici, Giancarlo Majorino, Alfonso BerardineUi, Massimo Lippi, Patrizia Cavalli, Marina Mariani, Silvia Batisti, Giuseppe Goffredo, Walter Siti, Franco Montesanti, Severino Cesari, Tommaso Di Francesco 189 NARRATIVA E ... Giuseppe Bertolucci Amor nero; Raccionepeccui pag. 55 Antonio Delfini La maggioritaria 73 Linuccia Saba Umberto Saba mio padre 170 Ruggero Savinio Dialogo fra il pittore e un amico 236 Tonino Guerra Burro 240 BOTTEGA Gertrude Stein Del comporre nel senso di spiegare pag. 156 Milan Kundera Tutto quello a cui tenevo erano le donne e l'arte 165 DISCUSSIONE H. Christoph Buch Della fallibilità dei papi. I rischi professionali del critico pag. 85 Filippo La Porta Sul divano della piccola borghesia 90 Grazia Cherchi Ricordo di Vittorio Sereni 187 Nicola Merola Aracoeli: incarnazione e morte 226 Gianfranco Bettin La narrazione invisibile di Giuseppe Pontiggia 229 M. Flores d 'Arcais Appunti per un saggio sul "post-'68" 234 LIBRI DA LEGGERE 252 VIGNETTE DI OL 79 249 DISEGNI DI RUGGERO SAVINIO
Comitato di redazione Alfonso Berardinelli, Gianfranco Bettin, Severino Cesari, Grazia Cherchi, Pino Corrias, Goffredo Fofi, Piero Gaffuri, Piergiorgio Giacché, Filippo La Porta, Claudio Lolli, Maria Maderna, Claudio Piersanti, Renzo Sabellico, Marino Sinibaldi. Direttore Goffredo Fofi Segretaria di redazione Mariolina Vatta Direttore responsabile Severino Cesari L'immagine di copertina è tratta dal quadro di Mario Schifano Vero Amore smalto su tela (1975). Ringraziamo Schifano e la Galleria Mazzoli di Modena che ci hanno permesso di riprodurla. ''LINEA D'OMBRA'' Date di uscita: febbraio, giugno (numero doppio), settembre, novembre. Un numero lire 4.500. Numero doppio lire 6.000. Abbonamenti L'abbonamento annuo è di lire 18.000, da versare sul contro corrente postale numero 25871203 intestato a "Linea d'ombra". Iscrizione al tribunale di Milano in data 5-2-1983 - numero 55 Materiale inviato. I manoscritti, anche e non pubblicati, non si restiuiscono. La redazione si riserva di rispondere agli autori dei racconti pervenuti entro tre mesi dal loro arrivo. Si pubblicano poesie solo su richiesta diretta della redazione. ERRATA CORRIGE Ci scusiamo per l'omissione del nome della traduttrice dei racconti di Grace Paley, Marisa Caramella, nel primo numero della rivista. Editore: MassMedia Edizioni Via Gaffurio, 4 - 20124 Milano Telefono 02/273891-2711209 Coordinamento editoriale Edoardo Fleischner, Lia Sacerdote Pubblicità Marco Fiorentino Ufficio Grafico Carlo Canarini, Monica Ariazzi Segreteria Paola Barchi Stampa: Litourich SpA Via Puccini, 6 - Buccinasco (Ml) Telefono 02/4473146 Distribuzione per edicole e librerie: MassMedia Edizioni Numero 2 - L. 6.000 SPECIALE ESTATE 1983 Chiusura in tipografia il 20-6-1983 Di que to numero ono stampate 6.000 copie
I Q ADER I DELL FE I E YUKIOMISHIMA ILMIOAMICOHITLER A RA DI LYDIAORI LIA pagine 120, Lire .000 GUANDA . QUADER I DE LA FEr I E YUKIOMISHIMA MADAMEDE SADE RA DI LYDIAORIGLIA I TR D ZIO E DI IA ARLO CALZA pagine 128. Lire .000 GUANDA {li!P ~.tilt Q ADER I DELLA FE I • VALENTINOZEICHEN PAGINEDI GLORIA I Q DER I D LLA F 11 E JEAN GENET POESIE R DI GIA RL PA ELLO pagine 120, Lire 7.000 GUANDA PAUL GAUGUIN SCRiffiDIUNSÉLVAGGIO C RA DI M RIZIO BR S A GIOI TROD TTI O DI V. S·G L pagine 212, Lire 8.000 GUANDA Q DER I DELL F I E JACQUESPRÉVERT SOLEDI NOTTE A R DI I IA L M RQ E pagine 9 , Lire 8.000 pagine 169, Lire 9.500 GUANDA GUANDA
raccontiitaliani - giovani Leandro Angeletti Sulla strada La curva finì di coprire le luci posteriori della corriera e il suono singhiozzante del clacson, subito dopo che s'era mossa dalla fermata. Immediatamente, assorbito il rumore dietro piegamenti successivi del clinale e dagli alberi, il silenzio la riscosse, ferma dov'era scesa fra le due valige per terra, volta alla sagoma scura della casa proprio ai margini della strada, inerpicata sul ridosso ripidissimo, isolata. Ogni volta, tornando, quel silenzio la colpiva, come attributo innaturale; adesso più che mai, dato il lungo intervallo degli anni dall'ultima. Nemmeno la sua prefigurazione era riuscita a mitigarne l'effetto, lungo tutto l'interminabile tragitto per gole soscese e il curvare continuo e ricurvare salendo e discendendo - il paesaggio era come scosso dal rumore della corriera, attraversandone il silenzio e l'immobilità notturna, al pari che i vetri dei finestrini ne spezzavano i contorni componendoli con l'interno, i sedili di ferro, le reti che contenevano i bagagli sotto il tetto, le facce assonnate dei pochi passaggeri. Così l'immagine, conosciuta per anni e rattenuta, quasi fissata oramai per sempre sulla retina, del paese appena illuminato da qualche lampione sullo spigolo di qualche casa a tirare fuori dal buio le pietre dei muri e del selciato in un cerchio breve e sfumato, la sapeva alle sue spalle, giù, molto bassa, che pareva fuori d'ogni comunicazione, mentre una strada brecciata, dopo un paio di chilometri di giravolte, riusciva proprio a due passi da dove ancora lei aveva rifiutato di voltarsi a guardare. Anche il freddo, nonostante il giacchetto di lana posto sulle spalle prima ancora di scendere, la sorprese sull'erba umida della scarpata, riscuotendola definitivamente dal torpore, senza peraltro attenuare l'indolenzimento e il malessere diffusi; quel viaggio era, ogni volta, un'impresa, da affrontare in perfetta salute e possibilmente in compagma. Ma il peso delle valige, e la scala, ripidissima, fra la parete della casa e il muretto basso di sostegno, scavata stretta quasi la mancanza di spazio o l'impossibilità d'allargarsi ancora un po', la tennero lunga4 - Leandro A ngeletti
raccontiitaliani - giovani mente indecisa. O solo lo svuotamento appena rimasta sola dentro quel paesaggio addormentato che un chiarore diffuso rendeva più irreale nell'immobilità deserta, come il viaggio ne avesse consumato tutte le energie. E la pena che ogni ritorno la prendeva, per ragioni indefinite, e adesso più di sempre che indefinito era anche il tempo che sarebbe dovuta restare. In casa non sapevano, nè la fermata della corriera li aveva destati ad affacciarsi o attendere, come succedeva i primi tempi che lei se n'era andata in città e tornava più spesso - il fratello non s'era ancora sposato e non aveva messo su casa al paese della moglie; molto più grande, quasi una piccola città, offriva più lavoro al suo mestiere da muratore. Anche per lei la partenza era stata un fatto imprevisto, una necessità da dover seguire da un momento all'altro, senza avere il tempo d'avvertire nessuno, che nemmeno per lei c'era stato un avvertimento: s'era ritrovata a chiudere le sue cose nelle valige e partire verso l'unica casa disponibile, a centinaia di chilometri di distanza. Lavorava in una maglieria, una cosa assai piccola, familiare, quattro macchine in uno stanzone d'appartamento, che due mattine avanti aveva trovato deserto, e i padroni con i mobili già imballati sul punto di caricare tutto e andarsene anche loro via dalla città, in qualche paese d'antenati disperso fra le montagne. - Non ce se la fa più, - la moglie, che insieme alla figlia maggiore lavorava nello stanzone. - Il lavoro non basta oramai nemmeno a coprire le spese, - che lavoravano, loro, anche dopo cena fino alle ore piccole, e lei spesso s'era trovata a rimanere insieme all'altra donna di parecchio più anziana e che per questo poteva farlo raramente, anche perché a casa aveva il marito e una figlia, anch'essa sempre fuori per lavoro. Restare in città, con i pochi soldi messi da parte, avrebbe tirato avanti appena qualche mese; un nuovo lavoro, in quel poco tempo, non sarebbe riuscita nemmeno a intravvederlo. Era già successo di dover cambiare, ma durante il primo periodo ch'era arrivata, oramai una ventina d'anni, e ogni volta per lavoretti di poco conto, durati anche due settimane appena. Cambiare adesso erano altre difficoltà, e perché un lavoro come quello non si trovava dietro l'angolo, e perché difficilmente si sarebbe ritrovata a vivere così alla giornata, dopo tutti quegli anni. Un'amica le aveva offerto di dividere la sua stanza in attesa d'un nuovo lavoro, ma affrontare una situazione così incerta, così all'improvviso, da ricominciare tutto da capo, non se l'era più sentita. Non tornava da qualche anno, ma sapeva ch'era rimasto tutto uguale, anche il piacere nascosto e un po' triste dei vecchi a rivederla: ogni ritorno rinfocolava anche il suo allontamento, la sua antica e irremovibile decisione di volersene andare. Anche aiutarli, in casa, in campagna, che dopo la partenza del fratello era rimasta abbandonata, coltivata nelle zone meno scomode solo perché il padre non si rassegnava Leandro Angeletti - 5
raccontiitaliani - giovani a vederla completamente inselvatichire, non era mai servito a riempire il distacco dei suoi ritorni, fra l'altro sempre più brevi ed episodici. Da un pezzo i vecchi vivevano come distanziati dalle cose e le persone che una volta li prendevano, quasi ritirati nel rammarico d'una delusione in un isolamento volontario. Se non era cambiato niente nella loro giornata, le occupazioni, i gesti, se non erano mai stati smessi o variati un po', progressivamente s'erano svuotati della loro presenza, come non li riguardassero più, continuati solo per l'automatismo d'una involontaria biologia. Alzarsi ancora a scuro, preparare, lei, la tazza di latte mentre lui in cantina preparava qualche attrezzo e tirava fuori dalla stalla il mulo per legarlo all'anello di ferro infisso accanto allo stipite, risalire per la colazione e poi uscire in campagna, insieme o a volte da solo mentre la madre restava in casa perché stanca o per sbrigare qualche faccenda, erano abitudini svuotate d'ogni ragione, continuate giusto così, perché anche fermarsi non avrebbe avuto ragioni più necessarie, se non quelle dell'arresto definitivo. Così restava in campagna fino a notte, a volte nemmeno tornando per il pranzo, che la moglie gli portava, quando non l'aveva preparato la sera avanti ed erano andati insieme, in una canestra di vinimi - s'inerpicava su per le stradine sorreggendo il peso in testa con una mano mentre l'altra restava puntata al fianco per l'equilibrio. Stare lì, soli, arrampicati su quella scarpata che se avevano bisogno di qualcuno non c'era altro modo di chiamarlo che scendere in paese giù per due chilometri della strada brecciata che uno era morto prima ancora di averne fatta una metà. Nemmeno le insistenze del fratello erano servite a qualcosa, d'andarsene giù da loro con tante stanze vuote che si sprecavano, sarebbero stati più tranquilli, perlomeno l'inverno che la casa gelava intorno ai quattro tizzoni del camino. Ma toglierli di lì sarebbe stato portarli a spegnersi nel giro di qualche giorno. - Siamo come le piante, - aveva risposto la madre, - che vogliono l'aria di dove sono nate. Se prendi un vasetto anche di gerani e lo porti da un'altra parte, è facile che si secca subito. Così siamo noi. Perché ci volete far seccare prima del tempo. - La sua pena veniva da questo, attraversando la strada con le valige che arrivavano a toccare l'asfalto, dai due vecchi rimasti come la campagna loro: in attesa che l'erbaccia e la gramigna coi rovi e l'ortica finissero di ricoprirla nelle pezze più assolate, ancora scoperte perché ancora coltivate, dove veniva su il grano migliore e le viti erano le poche del paese che arrivavano a rnaturarsi, la zona immediatemante sopra la casa, la più comoda, mentre saliva i gradini di pietra; e riemergeva, in un ritorno della strada dopo un affondamento in un'ansa della montagna, il rumore della corriera, così vicina che pareva dovesse sbucare nuovamente dalla curva. 6 - Leandro A ngeletti
raccontiitaliani - giovani Fu un tonfo sotto le tavole del pavimento a destarla dal dormiveglia. Solo da qualche minuto era riuscita a rilassarsi, sul letto rifatto con le lenzuola e le coperte tirate fuori dalla valigia: mettersi ad aprire i cassetti, sempre più rumorosi, incassati dentro i vani del comò dove parevano ogni volta entrare sempre meno, avrebbe svegliato i suoi che dormivano nella stanza accanto. Anche la sera, salendo le scale, girando la grossa chiave senza farla scattare, attraversando al buio la cucina, aveva badato a non fare rumori: non se la sentiva di parlare con loro, così stanca che una volta allungato il materasso aveva disteso alla meglio lenzuola e coperte per caderci dentro mezzo vestita. Sapeva già che difficilmente si sarebbe assopita prima dell'alba, com'era sempre successo ad ogni ritorno i primi due o tre giorni; sperava solo di distendersi, allentare il cerchio alla testa e calmare il senso di vomito che le era rimasto tutto il viaggio. Il rumore, di sotto, si prolungò come un asse fatto scorrere lungo il muro: il padre, che appena sveglio scendeva in cantina a preparare gli attrezzi per la giornata. La madre, in cucina, senz'altro stava già a sventolare la brace sotto la cuccuma del latte sul fornelletto ricavato nell'angolo fra la porta e il camino. Il suo arrivo non era stato avvertito, o avevano preferito lasciarla riposare, magari affacciatasi, lei, dalla porta accostata, discretamente. Avevano, entrambi, una specie di riserbo nei suoi confronti, andata via di casa che non aveva vent'anni, nonostante le difficoltà da parere insormontabili soprattutto all'inizio che cambiava lavoro ogni mese, con i soldi nemmeno sufficienti a pagare la camera condivisa con un'altra donna d'un altro paese di parti sconosciute. La sua caparbietà, tesa a resistere ad ogni costo, li aveva fatti incerti come d'un risentimento ostile nei confronti della casa, della campagna, di loro, che nessuna visita periodicamente sollecita, i primi tempi, aveva potuto mitigare. L'allontanamento, poi, quasi definitivo, interrotto solo da visite frettolose e comunicazioni epistolari, che rimanevano senza risposta quando il postino non trovava il tempo e la pazienza di leggerle, era stato il rafforzamento dei dubbi. E i gesti, le frasi, quando era tornata le poche volte, o quelle delle lettere, erano state sempre più rattenute come impaurite d'essere comunque di fastidio, per l'impossibilità, oramai irrimediabile, eh' esistessero delle intonazioni per comunicare. Spesso aveva sorpreso la madre a guardarla, seduta senza parlare, come qualcosa d'irreparabilmente allontanata, col volto tirato come per un pianto invisibile. Anche l'incertezza dei suoi anni, in un mondo sconosciuto, la mancata sistemazione in un matrimonio, al contrario dell'altro figlio, più vicino e comprensibile, erano la pena d'una fallita realizzazione, persa, lei, come una meJa rotolata a marcire dentro una macera di sassi. S'alzò sperando, mentre rifaceva il letto e poi si dava una aggiustaLeandro Angeletti - 7
racconti italiani - giovani ta alla meglio davanti alla piccola toletta per allontanare un'aria di stanchezza, che già l'avessero vista: la sorpresa avrebbe reso più impacciate le spiegazioni. Uscì, senza toccare le valige e aprire la finestra, nella cucina, ma la trovò deserta, il camino spento, la porta spalancata per la luce: non c'era altro, al di fuori d'una piccola grata di lato, uno spioncino che non bastava nemmeno a fare entrare un po' d'aria, nel largo spessore del muro, pieno, poi, di cianfrusaglie, un ferro da stiro, un vecchio lume a petrolio di quando ancora non c'era la luce, un paio di scarponi fuori uso, qualche ferro arrugginito. Poteva essere scesa in cantina, o fuori per un po' di legna, nella piccola aia dietro la casa, dove, addossata al muro, la catasta non arrivava mai ad esaurirsi, per la sollecitudine del padre. Ma tornando indietro, dalla porta socchiusa in fondo al corridoio, per disfare le valige e riporre le sue cose, il sospiro appena avvertibile d'una tosse leggera l'arrestò ch'era già entrata; senz'altro la madre stava finendo di riordinare il letto e, forse, sentito il rumore dei passi, quello era stato il richiamo discreto della sua presenza. La trovò, schiudendo la porta, che dal letto la fissava già prima d'entrare, con la testa sollevata su due cuscini, dentro la penombra che sapeva leggermente d'orina; non la ricordava così magra, la bocca risucchiata da dentro, la massa fragile dei capelli che pareva doversi polverizzare ad ogni momento. Non riuscì ad indovinare, per la poca luce, il senso dell'immobilità in cui dal letto continuò a fissarla, mentre lei non era riuscita a muovere un passo sulle tavole della stanza, prima che la voce articolasse in movimenti brevi e interni delle labbra - sei tornata - ma già disciolta e come risassorbita in una rassegnazione muta. Non riuscì, subito, a trovare le parole, sul vano della stanzetta dove il grosso letto dalle larghe testate di lamiera e il cassone poggiato alla parete lasciavano poco spazio ai movimenti. Ancora non abituata al silenzio che pareva assorbire le cose, i muri, la terra, in una segregazione dal tempo reale, dove ogni gesto, rumore, la voce, e l'immobilità stessa, parevano destinati a perdersi inerti, per nessuno; e la madre, persa dentro il letto, l'estrema consumazione di quell'isolamento, sul punto d'impietrire la propria pena. - Hanno avvertito anche te, - ancora, dopo una sospensione ch'era parsa eterna, dalla bocca percorsa, nel parlare, da un fremito impercettibile, chiusa. Il tentativo d'addolcire la distanza, adesso che pareva il momento ultimo, mentre quell' "anche" finiva per ribadire la frattura e colpire come un rimprovero involontario, atroce, sebbene al di fuori d'ogni intenzione, che la madre, avvertendo, subito richiuse contro di sè senza più parlare. Una malattia, forse, che nessuno le aveva potuto comunicare, a lei che aveva smesso anche di scrivere, da un pezzo, e loro non avrebbero 8 - Leandro Angeletti
raccontiitaliani - giovani mai preso l'iniziativa. Ma il fratello ogni domenica, lui che stava a due passi e veniva anche lui a dare una mano, nei periodi che ce n'era bisogno. - Quanto tempo? - riuscì a superare il groviglio e dire piano. - Da qualche mese, - senza guardarla, che le stava sopra di lato e la testa pareva impossibilitata a compiere uno sforzo minimo di rotazione. - Il dottore che ha detto? - - Non è niente. - - Come niente? - - È la vecchiaia, una cosa che non si cura. - Sul comodino una tazza d'acqua e due scatolette di medicinali, un fazzoletto sporco, un bicchiere pieno fino a metà di latte. - Ma mi alzo, qualche volta, a preparare da mangiare. Poi non resisto parecchio, ma qualche passo per la cucina ha detto anche il dottore che devo farlo. Sono le gambe che reggono poco, il dolore alle ginocchia. Il resto non andrebbe male. - Di sotto, dalla cantina, venne il tonfo della porta che si chiuse, poi i passi del padre lungo il marciapiede fino a scantonare sul retro, dove s'aprivano quelle delle due stalle, la grande che una volta teneva fino a venti vacche e due muli, la più piccola dei maiali, con gli enormi mucchi di letame addossati al grande rialzo di terra, che arrivava col ciglio sotto le finestre delle camere. E sopra, estesa in declivio leggero fino agli alti bordi della macchia di castagni, la vigna coi lunghi filari, disseminati di piccoli meli, ciliegi, le pesche striminzite che facevano in stagioni solo eccessivamente calde. - Fa tutto lui, adesso, anche in casa. Qualche volta viene la moglie di tuo fratello, a fare le cose grosse, lavare i panni, ricucire qualcosa, lavare la casa. Ma anche lei sta lontana, con una casa anche lei, il marito, due figli... - Non aveva mai parlato tanto, non ricordava nemmeno prima della sua partenza, forse per non dare l'impressione d'una gravità del suo stato, o alleggerire, adesso, la tensione che non sembrasse risentimento e rancore. Smise quando avvertì che a parlare continuava lei sola, mentre la figlia continuava solo a guardarla, a fianco del letto col bordo del cassone che le premeva dietro con un invito a sedersi. Ma come rasserenata, per tutte le cose dette; non per quello che avevano potuto comunicare, ma solo per essere state dette, così tante, in quel momento, che nemmeno tutti gli anni addietro, da quando se n'era andata, era stato possibile. In lei, invece, ancora scombussolata dal viaggio e stanca per la notte, il disagio d'ogni ritorno aveva acutizzato nelle parole della madre una sorta di panico dilagante, per cose trascorse irreparabilmente in sua assenza, una vertigine su un franamento che adesso era solo da contemplare. E quasi a farsi contemplare, supina con le braccia fuori dalle coLeandro Angeletti - 9
racconti italiani - giovani perte lungo il rilievo leggero del corpo, la testa un po' reclina come per evitare una reciprocità dello sguardo che avrebbe inevitabilmente mo - so l'intrico ine auribile delle domande, la madre continuò a restare, ferma, come a una resa definitiva. Visto dall'alto pareva senza strade, le ca e ammonticchiate una sull'altra su tre file orizzontali e una coda che s'inerpicava fin quasi alla sommità del colle. Invece erano comode e larghe, una volta a camminarci dentro, eccetto le perpendicolari he seguivano la pendenza e quella della coda era una fatica arrivarci in cima. Già lasciate dal sole, appena animate dal ritorno delle bestie, assai poche, come rade le figure che ogni volta ricordava più numero e, addos ate al muretto basso della piazza. Non era mutato mai niente, un tetto o una finestra, un muro, le quattro robinie sulla piazza, gli ippocastani prima del ponte, sul tratto della strada che poi continuava a snodarsi invisibilefin su da loro. Solo decresceva, ogni volta, il numero delle persone e delle bestie, non in maniera regolare, prevedibile, in relazione al tempo trascorso, ma a salti che a volte erano stati vuoti da epidemia, magari appena un paio di mesi dopo. Bastava restare, come sempre lei restava, a una qualsiasi ora del giorno a guardare così dall'alto sul ciglione che scoscendeva a perpendicolo verso il ponte: l'impressione era stata, a volte, d'una estinzione per qualche malattia che avesse decimate le bestie e la gente che incautamente non aveva preso in tempo le misure necessarie. Qualche domenica, l'estate, o sotto Natale, sì tornava a vedere un po' dì popolamento, non di bestie, vendute prima d'andarsene, ma di persone, non più le stesse, anche se le stesse, vestite in maniera diver a, più grasse, bianche per il sole, o il freddo, che non avevano più preso per la campagna. Qualcuno anche con la macchina, tutti, dopo un paio d'anni, spae ati, con altri pen ieri per la testa e un altro portamento, come capitati da poco da quelle parti. Quelli restati, tre o quattro famiglie che avevano radunato la terra dì tutti prima frammentata in fazzoletti dislocati a due ore dì mulo su pendici franose, si riconoscevano subito, un po' impacciati e incerti davanti al nuovo aspetto dei vecchi compaesani. I quali, da parte loro, s'informavano dei pezzi di campagna che una volta era stata la loro, dei raccolti, delle stagioni, come per dare, e avere, l'impressione di sè ancora presi da quei problemi, non essersi, nel fondo, mai allontanati, finendo, invece, a sè e agli altri, per una stonatura d'accento, ancora più estranei. Dopo non rimaneva che il silenzio, l'immobilità delle pose, o allontanarsi per rompere una situazione non più sostenibile. Riprese il secchio lasciato un momento e s'avviò lungo la scarpata costeggiando l'intrico dei rovi e delle erbacce. Camminare in mezzo alla strada non avrebbe corso alcun pericolo - macchine non ne passava10 - Leandro Ange/etti
raccontiitaliani - giovani no - ma era l'abitudine di quando il passaggio improvviso costringeva a stringersi sul ciglio e, camminando con la conca in testa e due secchi in mano, si dava un'occhiata alle case alte del paese, le ultime coperte dalla curva. In casa ancora non c'era acqua e bisognava rifornirsi dal mezzo ramo scavato, ficcato nel punto che gettava una pozza d'acqua gelida sotto una piccola tettoia, inerpicarsi in mezzo ai castagni e le felci, saltellando a trovare i sassi disposti in un accenno di gradinata. - Se aspetti andrà tuo padre, - l'aveva prevenuta la madre, preoccupata che fossero state eccessivele incombenze del giorno, per lei appena arrivata, non tanto poi per la fatica ma più per tenerla fuori da una condizione che doveva sentire umiliata. -Ancora è li dietro, non è stato più possibile portarla in casa, adesso poi che siamo rimasti così pochi, e per così poco. - Fu costretta, per salire, a lasciare il secchio dove la costa si faceva più ripida, e più rischioso trovare le pietre malferme fra le pozze che l'acqua, scendendo dal piccolo spiazzo, teneva sempre molli, prima di raccogliersi sotto il ponticello della strada e precipitare verso il fiume. Lasciò la conca a riempirsi sui sassi disposti circolarmente sotto la cannella a formare un piano asciutto, perché poi non sgocciolasse di fango sulla testa e le spalle, e ridiscese a prenderlo; una sequenza di gesti che poi andava ripetuta con i recipienti pieni, con la paura accresciuta di mettere male un piede sui sassi e ritrovarsi nel fango a ruzzolare fino alla strada. Aveva già riportato in basso la conca, e aspettava che anche il secchio si riempisse, quando da sotto la figura della donna, che saliva anch'essa con una conca in testa, la distrasse dal lieve incanto in cui la teneva il gorgoglio del filo d'acqua dentro il secchio, nel silenzio umido dei castagni - assai folti, in quella parte della stagione -, il sottobosco, non pulito più da nessuna mano, stagnava un odore muschioso, di terra sempre bagnata e morbida. La riconobbe subito, ancor prima d'individuarla fra i tronchi e l'intrico delle foglie, in un'istintiva e consueta risonanza, come fra persone che la continuità del frequentarsi abbia abituato a sentirsi per segni impercettibili, a riconoscersi senza più la necessità di manifestarsi. Lei mostrò d'accorgersi della sua persona solo quando sostò allo scoperto poco sotto lo spiazzo, a riprendere fiato e togliersi la conca dalla testa adesso ch'era quasi arrivata; forse era venuta apposta per parlarle, accortasi del suo arrivo, più che per un effettivo bisogno di rifornirsi d'acqua, e la piccola finzione aveva voluto coprire un gesto impaurito di risultare indiscreto. Subito la sorprese l'invecchiamento del volto e della figura, come incerta in una magrezza che la faceva leggera e curva, minuta, il biancore dei capelli accentuato dal nero delJa veste e del fazzoletto, scivolato sulle spalle mentre si toglieva la conca dalla testa. Nemmeno la maLeandro Angeletti - 11
raccontiitaliani - giovani dre nella sua malattia le aveva dato la misura del tempo trascorso, un paio d'anni, dall'ultima visita; non molto, a considerare l'insieme di quelli ch'era stata lontana, ma mai ne aveva avvertiti la lunghezza e il peso come in quel momento, quasi in quei due anni si fosse condensato il lavorio di tutti gli altri, a precipitare nell'immagine della donna che stava salendo la breve costa che la separava ancora. - Avevo visto bene, - anche la voce articolò affievolita, nell'ansito che non era riuscita a placare. - Quando ho sentito la corriera fermarsi, l'altra notte, - protesa a sfiorarle le guance con le proprie, un po' discosta come sempre restava per una sorta di ritegno e soggezione insieme. - Proprio nel pomeriggio ne parlavamo, con tua madre. - Abitava anche lei sulla strada, dopo una serie continua di curve, anche lei una casa che dava con una facciata sopra il paese, ma sotto la scarpata, con un muro che dava la vertigine, tant'era forte il dislivello. Era restata sola con il figlio, che aveva la testa non tutta sana, da quando il marito era morto per vecchiaia e la figlia s'era sistemata con uno d'una città sconosciuta. La sua casa la ricordava come la propria, quando ancora nessuno era morto o se n'era andato; passavano, lei e il fratello, intere giornate là da loro, consumando i pasti dalla colazione alla cena, come i suoi due figli lì da loro, come capitava, dove ci si trovava più vicini, nel ritorno dai fossi e su dal fiume, dalle viottole dei castagneti, dal paese. Aveva, la sua casa, di più bello uno stanzone dove quando pioveva si poteva stare; e immetteva, attraverso una botola in un angolo, direttamente nel pagliaio, senza scala, e quando il livellodel fieno s'era abbassato ci si tuffava in un buio polveroso e che graffiava. Si restava, a volte, a rivoltarsi insieme, fino a soffocare, per curiosare, al buio, senza nemmeno accorgersi della notte che fuori arrivava. Solo quando arrivavano per rigovernare le bestie nella stalla a fianco si capi- · va ch'era l'ora di risalire, arrampicarsi sui sassi del muro. Parecchie volte ci si sedeva a cena con le mani o la faccia o tutt'e due insanguinate; per fortuna la luce del petrolio bastava appena a scontornare le cose e le figure, se no non si finiva mai di domandare. - Ancora qui non abbiamo l'acqua, - mentre si preoccupava di disporre la sua conca sotto la cannella e confusamente si schermiva dell'aiuto che lei voleva darle. - Ogni giorno questo strazio. Tuo padre non ce la fa più, a caricare le damigiane sul mulo, e non c'è nessuno che possa dargli una mano. - La precedette a scendere perché appena anche lei fosse arrivata in strada la trovasse già con la conca in testa senza costringerla a sostare; una dietro l'altra s'avviarono lungo il ciglio, ma dopo pochi passi capì che non ce l'avrebbe mai fatta tutta una tirata, con la testa già schiac- , ciata e il braccio che si spezzava, le dita doloranti intorno al manico che pareva doversene uscire ad ogni istante. - Ti conviene lasciare il secchio, - doveva essere proprio visibile lo 12 - Leandro Angeletti
raccontiitaliani - giovani sforzo con cui andava avanti, - e tornare a prenderlo. - Anche perchè ad ogni passo cadeva acqua anche dalla conca e per casa ne avrebbe riportata la metà. - Non ci sei più abituata. - Lei, invece, ancheggiava incredibilmente leggera sotto la sua, la testa e il collo fermi, senza una goccia che schizzasse; se non l'avesse vista riempirsi pochi istanti prima, non avrebbe avuto dubbi che fosse vuota. La resistenza della donna era certo questione d'abitudine, ma aveva anche, in contrasto con la gracilità del corpo, una forza e una durezza alla fatica sorprendenti - la ricordava intere giornate a raccoglieree legare il grano su terre con pendenze da capre, a caricarsi ceste d'uva in testa in un via vai lungo filari molli per l'acqua dell'autunno, a zappare e raccogliere settimane di patate, impolverarsi nel sudore di trebbiature asfissianti; lei non era ancora una donna, e questi lavori stagionali erano occasioni di giochi interminabili, sebbene ci fossero continue sgridate e richieste minacciose di dare una mano. Quando potè liberarsi del peso, ch'era cresciuto sempre ad ogni passo, e depose la conca sul muretto delle scale, la testa conservò la forte sensazione dello schiacciamento anche nel ritorno col secchio che aveva abbandonato sulla strada. La donna aveva proseguito verso la casa, lasciandola con un vago sorriso per le sue difficoltà e promettendo una visita nel primo pomeriggio. - T'ho vista ieri in paese, - era scesa in mattinata a far compere nella piccola bottega, chiusa come sempre che bisognava chiamare dalla strada o salire la scala interna per farsi sentire. - Non t'ho riconosciuta subito, e nemmeno volevo crederci per la sorpresa. Non andavi neanche di fretta, com'era tuo solito, gli anni addietr.o, che pareva sempre ti dovessero scoppiare i sassi sotto i piedi. Non ti spaventano più queste quattro case, o è stata solo un'impressione? - L'uomo aveva cominciato a parlare quando ancora la motocicletta era accesa, fermo sulle gambe divaricate e come piantate sull'asfalto, sotto di lei seduta sul pianerottolo della scala; e aveva continuato poi mentre ne scendeva e la issava sul cavalletto senza sforzo, s'awicinava mettendo un piede sul primo gradino, la destra tesa ad appoggiarsi sullo spigolo. Aveva seguito il rumore scoppiettante su per la strada brecciata, come le altre due ch'erano salite poco prima ed erano passate con gli uomini sopra, storti nelle pose buffe in cui li aveva sempre visti, le gambe divaricate e la testa impennata rigida. La domenica, chi era motorizzato raggiungeva qualche paese vicino, sempre lo stesso chi aveva delle conoscenze o dei parenti, o aveva consolidato una relazione; dove capitava una festa o soltanto per una partita all'osteria, una bevuta in una cantina di qualcuno, o anche per affari gli altri, insofferenti di cambiare aria una volta ogni tanto. Leandro Angeletti - 13
racconti italiani - giovani - Tutto può succedere, - lasciò che l'uomo continuasse a guardarla da sotto, interrogativo e sorpreso esasperando a bella posta l'espressione per caricare d'inverosimile le sue parole, trattenendosi, léi, dall'osservare come tu invece non sei granché mutato, se si eccettuano i cambiamenti degli anni, ancora poco rilevanti data l'età ancora sotto la soglia che prelude a scombussolamenti sostanziali. · Sempre così alto e secco, trasandato anche quando ti sei cambiato la domenica e vai in giro a trovarti qualche ragazza per rimanere li con i tuoi gesti sempre esagerati, oltre tutte le misure, con le parole anch'esse esagitate, le tracce della calce e del cemento sotto le unghie, dentro i capelli anche se li hai pettinati per mezz'ora. Anche il tuo fiato sa di calcina se t'accosti troppo com'è tua abitudine nell'invadenza dei tuoi sproloqui interminabili, che possono divertire solo qualche scema che esce di casa la domenica col vestito della festa per aspettarti e ti sta ad ascoltare solo perché deve farlo se vuole arrivare al giorno che tu le faccia delle proposte concrete d'accasamento, beata lei. Nemmeno sei riuscito, in tanti anni, a combinare qualcosa, sempre in giro a trovare lavoretti da manovale, capacissimo di piantare qualcosa di già iniziato se dopo un po' ti girano le lune; come quando andavamo a scuola, quando invece che al bagno te n'uscivi per i prati e i tuoi libri rimanevano sul banco per il giorno dopo. O quando insieme a mio fratello partivate in piena notte col fracasso d'una motocicletta sgangherata per raggiungere qualche cantiere; più di due giorni non duravi, ma mio fratello il mestiere l'ha imparato e adesso è un muratore vero e tu sì e no sai impastare la calce con la pozzolana. Quando, per venirmi dietro, avevi tentato di trapiantarti in città, e passavi la notte a spassartela a ballare fino a tardi, e poi in cantiere andavi a ciondolare invece che a lavorare; per questo più d'una settimana non ti tenevano e alla fine non c'era un cane che ti volesse più affidare una pala in mano, data la fama che t'eri fatta in giro. Tanto che dalla città eri poi dovuto scappare, senza più una lira non solo per l'affitto ma neanche per mangiare, tornartene qui dove un letto ce l'hai nella vecchia casa dei tuoi e anche quando non lavori non ti manca nè il pranzo nè la cena. E poi qui qualcuno ancora c'è che ti prende per qualche giornata, giusto perché ti conoscono da tempo e conoscono quelli di casa tua, una specie di opera caritatevole, come mio fratello che certo non può scordare che siete andati insieme a scuola e insieme avete giocato e impastato la prima calce. Qui puoi anche parlare senza che ti prendano eccessivamentein giro, e qualche donna la trovi disposta ad ascoltare le tue scemenze; la domenica, anche se non hai una lira, da qualche parte puoi sempre andare magari accodandoti a qualcuno. Questo è il posto da cui non ti puoi allontanare, se non vuoi che ti venga a mancare anche l'aria che occorre per respirare. 14 - Leandro Angeletti
raccontiitaliani - giovani - Certo che in quanto a scorbutichezza non è che sei molto cambiata, - di sotto l'uomo s'era prodigato in mille attacchi di discorso per richiamarla a una qualche attenzione e, disperato, era già rimontato sulla sua motocicletta; riaccendeva il motore e se ne restava li, con le gambe divaricate, le braccia tese sul manubrio, a guardare la strada davanti a sè, senza più voglia di staccare il cavalletto e ripartire. Lei non era mai riuscita a sopportarlo, a non collegare la sua figura perennemente fuori posto, i suoi dinoccolamenti e le sue sbavature - a forza di parlare gli si forma vano sempre agli angoli della bocca filamenti bianchi di saliva - a moti irrefrenabili d'irritazione. Era nata, quest'avversione, nel periodo indefinito che aveva preceduto la sua partenza per la città, lo stesso in cui il fratello consolidava il suo mestiere e lui irrimediabilmente la sua inclinazione; che poi era stato anche il tempo in cui più manifeste e dichiarate s'erano fatte le sue mire nei confronti di lei. Ed era, l'avversione, sempre più cresciuta nel tempo, quasi il risentimento per uno sgarbo profondo, una cattiva azione che ogni incontro non poteva che peggiorare. - Lavori ancora con mio fratello? - fu la sua domanda inattesa che gli piovve dall'alto e gli fece spegnere il motore. - O hai trovato qualcosa di più comodo e di fisso, meno lontano? - continuò lei ch'era stata a guardare il profilo da là sopra, fissato in una specie di mestizia irrisolta, in un sorriso inerte e inconsapevole. - Con tuo fratello, certo - s'affrettò a rispondere mentre già scendeva e si riavvicinava, - Con lui mi trovo bene, - già disposto a sequele in-' terminabili di parole. - Anche con altri, quando capita, più comodi e meno comodi; ma come con tuo fratello certo non mi trovo con nessuno. E non più perché ti lascia fare, come una volta che ne approfittava; adesso le cose sono un po' cambiate. È che ci conosciamo si può dire da sempre, mentre con altri non è che ci si trova sempre bene e magari lavori tutto il giorno senza dire una parola, nemmeno quando si mangia, che allora è proprio un inferno. - S'era arrestato nella stessa posizione di prima, senza salire un gradino in più, quasi quello il limite oltre il quale non gli fosse permesso d'accostarsi. Sotto la coperta, che la copriva dai piedi alla vita, il tepore aveva sciolto la stanchezza sul cuscino che la riparava dal freddo della pietra e poggiando la testa al muro sentì che anche l'uomo, ai piedi della scalinata, le sue parole, insieme al suo rancore verso di lui, s'erano già sciolti per una misteriosa alchimia, nascosta e clandestina, durata negli anni, e che adesso li sotto ne restava il precipitato in un cicaleccio commiserevole e triste. Che la domanda che gli aveva posto, l'interesse contenuto in essa, distaccato ed estraneo, era caduta nell'intervallo fra due silenzi egualmente irrimediabili, sebbene così diversi: risentito il primo, durato per tanto tempo fino a quel momento, inerte il secondo, che da quel momento cominciava e che permetteva, contrariamente Leandro Angeletti - 15
raccontiitaliani - giovani all'altro, d'ascoltare tutte le parole che all'uomo sarebbe andato di pronunciare; e che lei già sapeva interminabili, se da parte dell'ascoltatore non si fossero manifestati segni d'impazienza e d'intolleranza. Forse era nato, il primo risentimento, da una delusione inconfessata, l'avversione era stata per non aver esaudito, l'uomo, nessuna delle sue attese; a tal punto e in modo così indubitabile e col tempo sempre più disperato che queste attese avevano preferito restarsene agguattate dietro la stizza e il fastidio. Cadute definitivamente, anche quel livore mascherato s'era spento, aveva, di colpo, rivelato il vuoto; poteva, di sotto, parlare fino a sera, tornare i giorni seguenti, non si sarebbe più nascosta per evitarlo. Avrebbe risposto fin dove riusciva a sostenerne la fiumana delle parole e poi si sarebbe, come adesso, distratta, resa assente, ma solo per stanchezza. Il tepore che le saliva dalla coperta, calda del sole che solo per poco ancora l'avrebbe illuminata prima di restare coperto dietro la casa, l'aveva disposta ad un assopimento dove la voce dell'uomo era restata un suono remotissimo, senza più parole. Tutta la mattina aveva faticato per le stanze a riassettare, a lavare, in cantina ad aiutare il padre che preparava gli attrezzi e le bigonce per la vendemmia: le poche viti che aveva cqntinuato a curare sulla parte alta della vigna, la più assolata. Non più abituata a quei lavori, appena pranzato l'aveva colta una sonnolenza insostenibile ed era uscita a stendersi sul pianerottolo, la camera sarebbe stata più fredda, riparato e ben esposto era sempre stato il luogo dei riposi pomeridiani. Fu lo scoppiettare della motocicletta, saltellante e iroso, a riscuoterla in tempo per vedere l'uomo allontanarsi impettito sul suo mezzo: forse inutilmente aveva cercato di svegliarla con qualche richiamo e, risentito, non aveva avuto altra soluzione; o forse aveva preferito lasciarla appisolata, con discrezione, non pensando che poi il fracasso infernale non avrebbe potuto non destarla. Appena sul cancello, estesa sotto il sole che dal versante contrapposto ne brillava l'erba e la brina, nell'aria fresca del primissimo giorno, la vigna l'aveva sorpresa, spogliata e divelta, tornata un'estensione piatta della terra. Le viti, che la ripartivano in filari per tutta la sua lunghezza fino ai confini, erano restate quattro file nella parte alta, che da laggiù bisognava ricercare un bel po' prima di localizzare. Gli alberi dei ciliegi, i meli, i due mandorli, stavano come dispersi, sul leggero accliviare, venuta meno la ripartizione che li collegava in punti conosciuti; un vuoto incredibile li aveva distanziati in un isolamento che li rimpiccioliva fino a ridurle, le piantine dei peschi e dei meli, ad esili macchie appena emergenti sulla distesa uniforme dell'erba. Non aveva mai salito, nei tre giorni, la breve viottola che dal terrazzino antistante l'ingresso di casa portava al cancello; seccate perché senza più cure necessarie, le viti dovevano essere state, insieme ai pali 16 - Leandro Angeletti
racconti italiani - giovani che le sostenevano, una riserva per il fuoco durata tutto un inverno. La poca uva, tagliarla era bastato un mattino, quattro viaggi caricarla sul mulo nelle bigonce e trasportarla in cantina. Per il mezzogiorno era tutta nella vasca, pestata e torchiata nel primo pomeriggio; prima di sera il mosto era già nella botte, e il mucchio delle vinacce addossato al muro sul marciapiede riempiva la casa del suo profumo. Aveva le mani indolenzite e doloranti di vesciche, i polpacci faticavano a scendere e salire le scale. Il padre da parecchio era sceso in cantina a pulire le bigonce e il torchio, quando lei s'era alzata a fatica; aveva preparato la colazione e poi fino a sera non era riuscita a combinare niente. Avevano lavorato insieme tutta una giornata, ma c'erano state poche parole. I momenti del lavoro li conosceva bene, le sequenze sempre uguali delle operazioni, ripetute per tante stagioni che le parve di non averle mai interrotte. Solo a un certo punto che tagliavano l'uva su un filare di mezzo lasciandola cadere nei canestri per terra - i grappoli, compatti come pannocchie morbide, s'aprivano appena - aveva chiesto, uno di fronte all'altra, nell'intrico dei pampini: - Come hai saputo? -della malattia della madre. - Non lo sapevo, - aveva risposto senza smettere di tagliare. - L'ho visto quando sono arrivata. - Il padre non parlava mai; avrebbe, come diceva la moglie, rinunciato per tutti alle parole. In campagna e con le bestie tutto si fa meglio senza parlare: se si prendesse quest'abitudine non c'è dubbio che le cose andrebbero meglio anche fra la gente. Il mondo in cui era stato fino a qualche anno addietro gli aveva consentito facilmente di vivere questa verità: così certo, anche nelle sue incertezze, così evidente e palese, così aperto in tutte le sue ragioni, le parole servivano solo per un commento, o per le espressioni traboccanti. Tutte cose eliminabili senza difficoltà, senza toccare niente d'essenziale; un'eccedenza, o un disturbo, a seconda dell'orecchio, la sua tollerabilità. Man mano che s'assottigliava, quel mondo, che sgretolava la sua compattezza naturale, il silenzio era cambiato; interrogativo, prima, e poi sempre più sgomento e atterrito di dover parlare, di non poterlo più imparare, di diventare muto, restarci per sempre. Da un pezzo, ormai, era ammutolito, il padre con sua moglie; quei lavori che continuava erano balbettii dolorosi, i mugolii di chi vuole ancora dire le sue parole, prima della fine. Contenevano, insieme, la dolcezza dell'antico discorrere e il lutto per l'attuale desolazione. Se non chiedeva di lei, non era per disinteresse e non più soltanto per timore, mentre s'incontravano a vuotare i cesti dentro le bigonce, disposte in mezzo al filare a coppie già pronte per essere caricate sul mulo, che più in basso brucava; o quando insieme sollevavano l'umido contenitore di legno, riempito solo alla metà per le loro forze, e, menLeandro Angeletti - 17
raccontiitaliani - giovani tre lei lo teneva sotto con le spalle, il padre lo legava rapidamente al basto; e poi nella cantina intorno al torchio impiastricciati d'uva e puzzolenti di vinacce; la figura ossuta e alta, il volto ben rasato, come sempre, gli occhi piccoli e chiari che neanche l'età aveva spento nella loro mobilità d'uccello immalinconito. Da poco era u cito per scendere in paese - ne aveva seguito i passi sulla breccia della strada, seduta sul pianerottolo nell'ora che ci batteva il sole, dopo aver aiutato la madre a mettersi a letto che per il pranzo aveva voluto abbandonare - come ogni pomeriggio di festa, con la giacca e i pantaloni, la camicia e le scarpe della festa, approfittando della presenza della figlia. - Non è più voluto scendere, - aveva commentato la madre. - Da quando sto a letto non s'è mosso neanche lui, neanche quando a farmi compagnia è venuta Matilde, - la donna dietro la curva, che verso sera avrebbero vista entrare senza averla sentita arrivare, così leggera toccava terra solo con un peso in testa. Il calendario segnava una festività per una vasta zona che comprendeva diversi paesi, e dal mattino da dentro le montagne echeggiavano scoppi di mortai; qualche macchina era passata sulla strada, qualche motocicletta, a raggiungere dov'era stata organizzata qualcosa. Il paese, di sotto, s'era svuotato dei pochi che di solito sostavano in piazza, davanti all'osteria; il padre avrebbe passato il pomeriggio a casa del fratello - ricordava un piccolo fosso a dividerla dalle case vicine e quando pioveva qualche giorno di seguito bisognava fare un salto per passarlo. Tutto, appena scendeva dalla corriera, le ritornava abitudinario, ogni reces o vivo nel suo colore, nel suo respiro, nemmeno se ne fosse andata ieri. Così con1e tutto spariva non appena rientrava fra i primi palazzi della città, quasi che il tempo dei due viaggi fosse il tempo d'un incantesimo: il passaggio fra due nature che si escludessero reciprocamente, fra immagini che non potevano tollerare convivenze e fosse necessario un rito tortuoso e stremante per passare dall'una all'altra. Era, forse, per quanto era costato, raggiungere l'altra realtà, e quanto poi restarci, che la distanza, già concretamente lunga e scomoda, era divenuta siderale. Lo spavento della madre, l'incredulità del padre e del fratello, quando aveva manifestato la volontà d'andarsene anche lei, come tanti prima e dopo di lei, avevano dato, a lei che conosceva appena altri due paesi del circondario, la sensazione d'un salto nell'universo, per approdare, quando proprio stava per mancare il fiato e un altro secondo sarebbero esplosi il cuore i polmoni la testa, in un pianeta tutto da esplorare, con le incognite e le paure, le cautele e le diffidenze, gli scoramenti e le solitudini, dove a niente potevano servire le conoscenze del mondo appena lasciato ed era necessario farsene di nuove. Aveva abitato dapprima presso alcuni parenti e un mese dopo, ap18 - Leandro Angeletti
racconti italiani - giovani pena trovato il primo lavoro presso un negozio, due camerette in un palazzone insieme ad un'altra poco più grande che lavorava con lei. E poi altri lavori, altre stanze, da sola o in compagnia, per qualche mese, qualche anno, fino a quando non aveva trovato la maglieria, ch'era stata, fino a qualche giorno prima, una sistemazione definitiva. Le pareva, dopo qualche giorno appena che n'era uscita, che fosse stato il tempo d'un'altra, d'un'altra vita, quegli anni, una ventina, ch'erano stati soltanto il succedersi dei cambiamenti: del lavoro, delle stanze, delle strade che ogni volta li univano, delle compagne di lavoro. E non restava, adesso, che la sequenza raccorciata dei giorni che avevano iniziato e chiuso un periodo, quasi gli intervalli, lunghi o brevi, fossero stati di niente, gesti e parole non compiuti, o non registrati, o fatti da altri. E gli anni trascorsi nella maglieria, più della metà, fossero stati un'unica giornata ripetuta infinitamente, o un'infinità di giorni contratti in uno soltanto: la sveglia alle sette, mezz'ora per prepararsi e fare colazione, dieci minuti per percorrere il tratto di strada dentro vecchi palazzi, il rumore delle macchine fino all'ora del pranzo, due ore di riposo per mangiare e fare quattro passi intorno in un tragitto che dopo un po' si faceva macchinalmente, e il lavoro ancora, fino a quando si staccava e ognuna se ne ritornava a casa, le braccia inerti, la testa rintronata, senza più voglia di dire una parola. Anche di un'altra le pareva la smania che per tanti anni l'aveva allontanata, l'aveva, contro il suo stesso desiderio, fatta estranea perfino ai suoi; inconcepibili le tribolazioni e le fatiche che era riuscita a sopportare, che adesso spaventavano anche nel ricordo, figurarsi l'idea di doverle riaffrontare. Le tornarono in mente le parole di qualcuno che se n'era andato prima di lei, che non aveva compreso subito, le immagini di chi tornava dopo qualche tempo; non era più un mistero l'aria che li teneva immobili, i due giorni che restavano, le mani in tasca dentro abiti nuovi, come assenti, ormai per sempre, alla propria persona. La trovò nella posizione in cui l'aveva accolta il mattino del suo ritorno, ch'era la posizione abituale del riposo, un po' girata sul fianco verso la porta come a prevenire ogni entrata, le braccia fuori delle coperte scostate dal corpo, la testa sui cuscini con un'impressione dirigidezza in una leggera torsione del collo; nella penombra della piccola finestra pareva ancora che la guardasse mentre entrava, girava ai piedi del letto e veniva a deporre la tazza del latte sul comodino. Non l'insospettì nemmeno il mancato cenno della voce con cui l'accoglieva ogni mattina, una specie di sussulto gutturale, quasi la rimozione d'un intoppo della laringe per avviarsi a parlare e che invece rimaneva isolato nel silenzio della camera, sul letto disfatto dalla parte che il padre aveva lasciato da un pezzo e ricoperto alla meglio. Fu quando già stava per rientrare in cucina, che notò come non si Leandro A ngeletti - 19
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