Giàla rivista Calibano nel suo numero più recente (maggio '82) dedicato al "romanzo post-moderno americano" ha pubblicato la relazione di Leslie Fiedler, nella traduzione di Paola Ludovici: La morte e le rinascite del romanzo. Un'anticipazionedello seri/lo di Fiedler è anche uscitasul quotidiano li manifesto (giugno '82),ma è altrellanto interessante - se non più - la discussione che è seguita alla brillante esposizione de/l'autore di Amore e morte nel romanzo americano, Il ritorno del pellerossa, Aspettando la fine e Freaks (tulli tradoui in italiano) e di altri esemplari volumi di critica lelleraria e di storia dellacultura (non tradolli). Presentiamoperciò questa discussione ai /e/loridi Linea d'ombra nella traduzione di Emanuela Turche/li, che può essere utilmente/ella anche a prescindere da Salmagundi o dalla relazione di Fied/er. Fiedlerstesso si occupa di riassumere le proprieposizioni, persino con qualche spunto in più. Suoi interlocutori sono Robert Boyers, redai/ore capo della rivista, BharatiMukherjee, scrillrice e insegnante dello Skidmore, Cynthia Ozick, scrillrice, Gerald Graff, critico e insegnante della Northwestern University, e Susan Sontag, intellellualea tempo pieno sia nella critica che nella narrativa. Ne esce uno spaccato "in presa direi/a" dei tic, le impasses, gli equivoci e le illuminazioni - il "metodo" di un gruppo non periferico di intellettuali americanidi oggi alle prese con il problema dei problemi in lelleratura: che prospelliveper il romanza? Il lei/ore riconoscerà subito una inconfondibile "aria di famiglia" con certe discussioni italiane, ma sentirà anche un soffio di ariafresca, ciauguriamo, rispello ai modi tradizionali dellacritica. Per chi non abbia lei/o il testo di Fiedlersu Calibano o su li manifesto sarà utilepremettere in che senso egliparla di una "religionedel romanza" (rispondendo a Cynthia Ozick). Il romanza oggi è davvero morto, sostiene Fiedler. In più di un senso. Intanto è morto "come forma in discussione sè, fine a se stessa, che non richiede alcuna altra traduzione in un altro mezzo o in un contesto diverso". Molti romanzi cioè sembrano prodotti transitori. A seconda che chi li scrive tenda a scrivere per l'Accademia, per l'università, voglia scrivere insomma un "romanzo d'arte", o voglia invece scrivereper Hollywood, il proda/lo che ne risulta sarà transitorio verso una forma successiva: "embrioni di film o potenziali diagrammi da scrivere alla lavagna". Pochi scrittori del "romanzo d'arte" si rendono conto di questo. Molti (Coover, Pynchon, Barthelme, Grass, indica Fiedler) continuano ad aggirarsi nei labirinti ciechi della surfiction, annoiando tutti e contribuendo ad alimentare la divisione tra il lettore che lette per obbligo (i loro stessi romanzi, all'Università) e il lettore che legge per scelta (e legge sempre meno o legge altre cose). Queste altre cose, in genere, sono storie: mentre gli "autori" celebrano la morte della storia, dell'intreccio, de/l'azione ecc, i lettori cercano storie. Dove? Nei "sottogeneri": romanzi di consumo, romanzi rosa, fantascienza, pornografia ... Chi scrive questi romanzi sospetta raramente, continua Fiedler, "anche se i guadagni provengono soprattutto dalle versioni cinematografiche e televisive, che come /orma in sè il romanzo è morto o moribondo, o che stia anche solo male. Questi scrittori sono beatamente a/l'oscuro di questo 'fatto', così come i cristiani evangelici o i battisti di provincia lo sono del 'fatto' che Dio è morto, o meglio che il loro Dio, la divinità giudaico-cristiana, è morta per una minoranza di intellettuali articolati e influenti un duecento o più anni fa, proprio quando il romanza cominciava a insediarsi come genere dominante. Ma questa differenza di consapevolezza, non solo tra scrittori di massa e di élite, è la prova che il romanzo è, in un altro senso ancora, morto: morto come genere unitario, come genere capace di unificare una società altrimenti divisa per gusti e ideologie in maschi e femmine, giovani e Fiedler - Sontag - Boyers - Ozick - Mukherjee - Grafi - 81
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