narrativae diario Franco Fortini da un diario inesistente (1967-70) 7 novembre 1967 Quando, cinque o sei anni fa, ebbi occasione di parlare per la prima volta con Sklovskij, fra le memorabili storie che mi volle raccontare, una rammento meglio delle altre. Majakovskij, poco tempo prima della sua morte, avrebbe lasciato a un fioraio una somma di denaro ed una quantità di biglietti scritti di suo pugno perché ogni anno, alla ricorrenza di un medesimo giorno, una donna da lui molto amata continuasse ad avere notizie del poeta. Cosa che sarebbe puntualmente avvenuta per un certo numero d'anni dopo il colpo di rivoltella del 1930. L'aneddoto mi colpì perché così poco somigliava alla figura convenzionale di Majakovskij e tanto, invece, a una sua meno visibile e più profonda. E oggi m'è occorso di pensare che quella stagione della cultura rivoluzionaria, anzi di quella rivoluzione, sia davvero morta; si sia suicidata, o sia stata suicidata, come Majakovskij. Forse in quel suo medesimo momento. Ma seguiti a mandarci, di anno in anno, per tutta la nostra vita, al ritmo degli anniversari, i suoi fiori, la memoria dell'amore che la mosse e ì suoi autografi innumerevoli, perché in un nuovo amore noi meglio si sia capaci di riconoscere la verità di quello scomparso; e di intenderne il senso. 20 maggio 1969 Cara Ezia, nel suo ultimo tema lei ha scritto: "Mai un professore mi ha chiesto il vero perché di una mia impreparazione, mai si è interessato della mia vita. Nessun insegnante mi ha mai voluto bene. Se non si riesce a capirsi a scuola, lo si può fare in una fabbrica, in un ufficio, su di una spiaggia, in una sala da ballo?" Potrei dirle che un insegnante non è un padre, anche se lo somiglia; non è un innamorato, anche se dovrebbe averne il fervore; e che, soprattutto, non è un direttore di coscienze. In una società schiavistica o aristocratica, il maestro, passeggiando in riva all'llisso o in una sala delle Tuileries con quattro o cinque fedeli, avrebbe potuto interessarsi della loro vita e voler loro 'bene', come lei chiede. Ma nella società del tardo capitalismo o del passaggio al socialismo lei sa già che per il tipo di rapporto che lei chiede vale qualunque altra sede, dalla fabbrica al 'tempo libero'. È qualcosa che somiglia a quanto, seppure con notevole confusione, son venuti comprendendo i contestatori dei nostri anni: che la trasformazione reale della società passa anche attraverso una ininterrotta attività pedagogica, in un discorso che è psicanalisi collettiva. In una simile situazioFranco Fortini - 59
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