Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

bottega causa di questa scelta mi attaccavano e mi attaccano per ragiorù politiche o per ragiorù letterarie. Una volta il Times letterario scrisse in una recensione su di me che "i fatti sono tutti verosimili e non storici". No, è sbagliato: i fatti che riporto sono tutti storici, mai verosimili. È owio, alcune volte ci sono delle forzature o inesattezze, per esempio i nomi delle città che ho sostituito con delle lettere, perché i fatti che riportavo e che avevo personalmente visto erano accaduti in città diverse, ed io per comodità li ho radunati sotto una sola lettera. Ma i fatti in sè erano veri, e io vi avevo assistito personalmente: come l'attacco alla Camera del lavoro di Siena, gli arditi del popolo a Colle, i morti a Siena. D. - Il gelo è una dichiarazionedi crisi, la crisidei rapporti.Tu l'hai affrontataa settant'anni raccontandol'esperienzadi un adolescentedeglianni '30. Come mai il ritorno su queglianni?E qualepeso ha nel racconto la tua personalememoria? R. - Per me la prima forma dell'arte è la memoria._ Però si tratta di una memoria che inventa oltre che ricordare. Un episodio vero nel Gelo è la storia del borsellino, che ho visto a Volterra a 46-47 anni. La figura di mio nonno non era così influente come l'ho descritta. Stava seduto in poltrona e brontolava disinteressandosi abbastanz.a di quello che gli succedeva intorno. È morto che non avevo nemmeno tredici anrù. L'anfiteatro che ho descritto è quello di Santa Maria Capua Vetere, dove sono stato una volta nel '52-'53. Delle due abbazie, una a San Galgano, pressapoco, perché nella vera non passa il fiume che io ci ho messo; l'altra è Abbadia a Isole, vicino a Colle, che ho spesso visitato. Ancora di vero c'è che da piccolo avevo paura dei calabrorù. Poi c'è un episodio vissuto a Colle che io ho trasposto nel Gelo. Era il gennaio del '33 e la mia compagnia era solitamente formata dal figlio di un industriale e da altri tre ragazzi figli di operai. Una sera arriva il figlio dell'industriale con una macchina nuova, e si decide di andare a provarla assieme ad altri tre amici che si conosceva58 - Romano Bilenchi no di vista. Usciti di pochi chilometri da Colle ci fermiamo ad un dopolavoro lungo la strada, entriamo e ci sono sei ragazze e sette-otto ragazzi. Una coppia stava ballando e dopo un po' che si era li anche due cli noi cominciano a ballare. Uno in particolare balla con la ragazz.apiù vezzosa, la quale era già corteggiata e ballano insieme per un bel po'. Lei continua a fare la civetta, forse per ingelosire il suo spasimante. A un certo momento questi arriva e dà una coltellata nella schiena al mio arrùco, ferendolo solo superficialmente, tanto che al coltello caduto a terra io do una pedata e lo mando sotto una panca. È owio che il torto l'avevano la ragazza che ballava e il ragazzo che era con noi. Si scappò via di corsa e si tornò a Colle per portarlo all'ospedale. Arrivati li, il medico di turno era un certo Bottai, segretario politico del fascio. Volle sapere qual era stata la causa della ferita per fare il referto. Io gli dissi che la politica non c'entrava, che era stato per colpa di una donna. Nel racconto tutto è cambiato, e il più sigrùficativo cambiamento tra il fatto vero di cinquant'anni fa e Il gelo è (ammesso ma non concesso che si tratti di un recupero di memoria) che mentre, nella realtà, il ferito era un giovane, nel racconto il ferito è una ragazz.a. Ecco, io non so quale altra ragione mi abbia fatto immaginare l'aia. So solo che nel Gelo questa parte è tutta inventata. La mia difficoltà consiste nel trovare una coerenz.a a queste cose, e che i fatti diventino veri dentro al racconto. Una parte diversa da questa è quella della farrùglia borghese. Di che città sia non importa. Ma è chiaro che nella mia descrizione c'è il rifiuto a una certa condizione sociale e alla condizione della donna, e quindi una maggior rabbia nella sua descrizione, perché io sono cresciuto in una cittadina operaia come Colle, dove su quindicimila abitanti ottomila erano operai e c'era quindi un continuo confronto tra proletariato e borghesia. I fatti veri si innestano in una marùera obbligata dal racconto: quello che ho vissuto serve solo se opportunatamente adattato a ciò che sto scrivendo.

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