Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

bottega comehoscrittoi mieiracconti Intervista con Romano Bilenchi U. - Spesso la critica lelleraria trova delle definizioni per inquadrare gli autori. Nel tuo caso, come in quello di Federico Tozzi, fa uso di un denominatore regionalistico: la toscanità. Cosa ne pensi'! R. - Non so cosa sia il concetto di toscanità, anzi non lo capisco. I toscani, per me; sono come gli altri italiani. La cultura toscana è indubbiamente vasta, ma il concetto di toscanità non mi dice niente. Ho iniziato a scrivere a sedici anni. Allora stavo a Firenze per fare il liceo. Andai a Siena per capodanno, ospite dei miei zii. Loro a teatro avevano un palco e una sera c'era una rappresentazione. lo ero il nipote più vecchio e mi spettava di diritto d'andarci. Ma mio cugino insistette così tanto, per andare al posto mio, che lo accontentai e rimasi in casa. Era nevicato. Siena sotto Ja·neve era una cosa incredibile. Dai tetti delle case pendevano dei ghiaccioli lunghi un metro. La città era grigia e buia, tanto da apparire ancor più sprofondata nel Medio Evo. Guardavo questo paesaggio e sognavo. Così presi dei fogli e cominciai a scrivere. Scrissi Maria. Poi scrissi altri 11 racconti che ho perduto. Uno di questi trattava del rapporto tra due amiche: una sposatasi da giovane e rimasta subito vedova, l'altra invecchiata senza prendere marito. Il racconto era di tre o quattro cartelle, mi sembrò troppo breve e lo volli riscrivere. Nelle pagine della prima versione c'era la descrizione di Piazza del Carmine a Siena: sono le uniche che ho ritrovato, e sono pubblicate in 54 - Romano Bilenchi una raccolta di scritti in onore di Guarnieri. Poi mi ammalai. Ebbi una tubercolosi ossea che fu curata male, per questo dimagrii moltissimo, da sessantatre a quarantaquattro chili. Cosi fui mandato a Cortina d'Ampezzo, in un sanatorio da cui era appena stato dimesso Moravia. Lì aria buona e cibo mi rimisero a posto. Dopo tre anni, guarito, ritornai a Colle val d'Elsa. lo sono nato a Colle, precisamente in una casa situata dentro una fabbrica, a ottocento metri dal centro del paese. Una fabbrica enorme che faceva i prodotti più disparati. C'era un grande magazzino alto circa 40 metri. La fabbrica era sotto il livello della strada e aveva grandi porte all'altezza del tetto. Arrivavano dei carri dai quali veniva scaricata, attraverso queste grandi porte, la sansa. La sansa è il residuo della lavorazione delle olive, ne arrivavano tonnellate e tonnellate. Nella stessa fabbrica si macinava anche la scorza dei pini, delle querce e dei lecci. Ne veniva fuori una polvere chiamata pepina, che dicevano servisse per conciare le pelli, ma dalla quale temo ricavassero anche il pepe falso. Ricordo che una volta la Talmone mandò non so quanti vagoni pieni di noccioli di cacao che doveva esseremacinato. Per mesi e mesi si rimase impestati da quella polvere marrone e dall'odore di cacao. La fabbrica si trovava sulla strada che da Colle va a Grosseto. A un chilometro, un chilometro e mezzo c'erano le case dei

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