Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

narrativae memoria prima dell'emergenza un gruppetto di militi delle SS uguali a quelli descritti dalla donna. Era impossibile che un uomo della statura del nostro prigioniero avesse potuto strappare la borsa a uno di loro, ma non rivolsi al capitano nessuna altra domanda. In piazza del Duomo chiesi a una ragazza dove potevo trovare un comando militare. "A palazzo Davanzali" mi rispose. Ci recammo là. L'ingresso era pieno di partigiani. C'era il comando della divisione Sinigaglia. Scorsi seduti dinanzi a un tavolo Mario Spinella e Raffaellino De Grada che ormai non vedevo da parecchi giorni. Ci abbracciammo. Spiegai al comandante chi era il tedesco e gli chiesi dove risiedeva il comando americano. "Di là d' Arno. Loro non hanno furia, hanno troppa paura di morire" mi rispose. Lo pregai di consegnare l'ufficiale agli americani. Mi dette una ricevuta e la parola d'onore che al prigioniero non sarebbe stata rivolta neppure un'ingiuria. Potevo fidarmi. Chiesi dove era la sede del partito. '' Andiamo a salutare Rossi e gli altri e a fare vedere loro che siamo vivi" disse Aldo. Nel pomeriggio tornai al partito. Giunse un uomo sudato e ansimante, "I tedeschi sono di nuovo a Rifredi" disse e sedette sconsolato. "Sono molti?" gli chiese Rossi. "Sì" rispose l'altro. Credevo poco a quell'uomo: mi sembrava impossibile un contrattacco tedesco, a meno che non fossero giunti rinforzi. Ma i nazisti erano ormai in ritirata. Rossi mi disse: "Già che sei pratico della zona vai a vedere. Ad armi come stai?". "Ne abbiamo nascoste un po' in un luogo sicuro ed è facile recuperarle" risposi. Vennèro con me sei compagni tra i quali Bibi, uno dei giovani tipografi che avevo conosciuto in via del Palazzo Bruciato e che si trovava nella sede del partito. Camminavamo in fretta, quasi inquadrati. Giunti al Mugnone, si avvicinò un soldato straniero, un italoamericano, e ci chiese chi eravamo e dove andavamo. Ci seguì. 1 tedeschi erano tre, giovanissimi, con la tuta mimetica, l'elmetto, armati di mitra, coperti di cartuccere. Sparavano contro le case, sulla strada. Rispondendo alle loro raffiche con rari colpi di pistola, li fermammo, piano piano li respingemmo oltre l'abitato. Ripararono dietro il cancello di una villa. Ogni tanto sparavano ancora. L'americano mi disse: "Vado a chiamare un carro armato". "E come fa a passare il Mugnone. Così rimarremmo qui qualche settimana. Vedrai che quando avranno finito i proiettili se ne andranno" gli dissi. Così fu. I tre giovani ci voltarono le spalle. Camminavano lenti nel mezzo della strada, come se facessero una passeggiata, senza mai voltarsi indietro. "Li inseguiamo. Mi piacerebbe finire quesla storia ammazzando un tedescco" disse Bibi. "Ora sarebbe un assassinio. Lasciali tranquilli. Vanno a stare peggio di noi" gli risposi. Romano Bilenchi - 53

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