Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

parte diversa: anche astraendo dalle pur importanti differenze socio-economiche vorrei osservare che lo sradicamento, il venir meno di qualsiasi tradizione e comunità, la brutale frustrazione di esigenze di sicurezza materiale prima alimentate, non fanno intravedere moltissimi "comodi rami" da cui i giovani avrebbero una bruciante voglia di "volare via". Pressoché esauritisi lungo gli anni '70 i grandi movimenti di massa giovanili, l'inquietudine e la tensione giovanile sono forse tornate ad essere, come nel racconto di Conrad, soprattutto individuali, però tendono a trasferirsi molto più in certe forme culturali, in certi gusti, che in esperienze• radicali. Tendono insomma ad esaurirsi nel tempo libero, per molte e complesse ragioni, di cui vorrei indicarne una. Almeno nel nostro paese, che è l'unico che conosco direttamente, il desiderio spesso ansioso di sedersi su "un comodo ramo", per poter essere accettato nella sua miseria da quegli stessi giovani che lo esprimono, deve essere 'compensato' da consumi culturali orientati verso trasgressione, durezza, crudezza, etc. La radicalità, esibita e vantata nei componenti esteriori o nei fumetti iperrealisti di riviste alla moda, raramente tocca la sostanza dei rapporti sociali. Anche il conflitto interiore che tormenta il protagonista, i suoi rimorsi, i suoi dubbi morali, ci parlano da un mondo lontano. Ma cosa origina questi dubbi? Per il marinaio Conrad la solidarietà possibiletra gli uomini nasce dall'impatto con il comune nemico, "il mistero e terrore del mondo", simboleggiato perlopiù dal mare. Soltanto da questa uguaglianza materiale di fronte al mare, e non da qualche ideologia umanitaria o filantropica, può nascere "un monte di buoni sentimenti". Perciò il capitano misteriosamente "trascurato dalla febbre che aveva rubato la forza di tutti viene assalito da sensi di colpa: la sua oggettiva condizione di immunità e di privilegio, anche se non voluta, lo allontana dall'innocenza colpita dei marinai e lo sottrae alla solidarietà. discussione L'individualismo di Conrad, che si allenta in prossimità di questa solidarietà, si riafferma però impietosamente nella ricerca personale delle responsabilità. li protagonista non pensa neppure per un attimo a sentirsi 'assolto' attribuendo qualche responsabilità a fattori esterni e impersonali (la società, gli altri, l'ambiente) ma si arrovella e si interroga continuamente, sulle ragioni e sulle implicazioni delle proprie scelte, su ciò che in una situazione separa il bene dal male. Insomma la maturazione deve passare anche attraverso questo momento irriducibile, individualizzante, in cui non è permesso disporre comodamente di alibi o scappatoie. Questa prevalenza del momento individuale, morale su quello sociale, politico, appartiene tradizionalmente ad una cultura conservatrice, estranea ad una visione di classe, basata su una fiducia nell'autocontrollo, nella possibilità cioè di ricondurre la molteplicità della persona all'unità della coscienza. La crisi evidente di questa cultura, il suo fallimento storico, ne segnano l'improponibilità. Il severo esame di sè di origine nordico-protestante, benché ambientato nell'insolito paesaggio del Golfo del Siam, non ci appare per questo più attraente. Vorrei però fare in proposito un paio di rapide considerazioni. Trovo singolare che il recente ed enfatico ritorno all'individuo, ai suoi inconculcabili diritti, alla sua autonomia e libertà, perlopiù risparmi nel senso comune giovanile la sfera della responsabilità, entro la quale si resta rigidamente collettivisti e ambientalisti. Se cioè davvero crediamo che l'individuo preesiste alla società, che non ne è un prodotto dobbiamo coerentemente sopportarne tutte le conseguenze. Mi sembra invece che il tolstoiano "non giudicate" viene volentieri applicato solo a sè stessi, mentre verso gli altri si è sempre più spietati. Inoltre quella cultura di impronta conservatrice cui prima accennavo aveva il merito di conservare ancora alla morale la dimensione tragica, conflittuale, che oggi mi pare del tutto evaporata. Se è vero che il 'peccato' dominante è quello di Filippo La Porta - 45

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