Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

attraverso la "prova" è la consapevolezza della nostra debolezza e precarietà, il senso del limite. In fondo l'enigmatico predecessoredel giovane capitano, nella "Linea d'ombra", non era mai veramente uscito dall'ombra adolescenziale, cioè dalla ribellione, dalla protesta, dalla nonaccettazione di quella debolezza e precarietà. Una conclusione questa che, sul piano politico, ha assunto qualche volta nei romanzi conradiani un sapore filisteo e superficialeconservatore, ma che qui attinge un significato ben più ampio. Apprendiamo dall'ufficiale in seconda Burns che il vecchio comandante era impazzito, che prima di morire si era chiuso nella cabina a suonare il violino per non sentire neanche "i sobbalzi della nave". In questo modo tradisce l'equipaggio e la stessa tradizionemarinara (con i suoi valori di lealtà, disciplina e senso del dovere) perché probabilmente sente che la sua carriera non gli ha consentito quell'autorealizzazione, quell'appagamento che si era aspettato. Il suo torto, la sua "malattia misteriosa", sembra consistere per Conrad nel non capire come qualsiasi carriera, anche la più riuscita, si porta dentro il tarlo del fallimento, del possibile regresso, dell'insuccesso.Nella memoria del vecchio Conrad i 21 giorni di bonaccia si dilatano, vengono in primo piano: noi non vediamo la nave ripartire da Singapore. Resta, dopo la lettura del racconto, un'impressione di immobilità, di inerzia, di morte. Il marinaio Ransome oppone un rifiuto decisoe forte dei propri diritti all'invito accorato e ricattatorio del giovane capitano a non lasciare la nave ("non sopporto l'idea di dividermi da voi"). Proprio in quel momento il protagonista, spezzando l'incantesimo giovanile, scopre "l'umile realtà delle cose'', il trepidante attaccamentodegli uomini alla dura e precaria vita. Dall'ombra emerge il senso della troppo umana fragilità e vulnerabilità: "Ho una paura maledetta per il mio cuore, comandante". . Nelle pagine iniziali il protagonista, ancora sospeso sulla linea d'ombra, aveva discussione amaramente concluso che "non c'è niente di nuovo, di stupefacente, di istruttivo da aspettarsi dal mondo". Più avanti sembra scoprire che lo "stupefacente" si cela nella fragile e umile voglia di vivere che, come avviene con Ransome, arrossisce di sè stessa. Il protagonista ci comunica all'inizio di aver voluto abbandonare il comodo lavoro precedente anche per il desiderio improvviso e furioso di "fuggire la minaccia del vuoto". Durante la interminabile traversata capisce che in realtà il vuoto ci avvolge, proprio come "una grande calma surriscaldata avvolgeva la nave", e che perciò diventa insensato cercare di fuggirlo o di esorcizzarlo. Perfino con le più favorevoli chanches di partenza (cioè "una nave di prim'ordine", da cui irradia "quella illusione di vitalità e di personalità che ci affascina nelle più belle opere dell'uomo" può capitare successivamente di restare bloccati per un tempo lunghissimo del quale non si riesce a prevedere la fine: è l'immobilità assoluta e inaspettata, esposta alla pressione di "correnti misteriose", è l'assenza di venti, lo spirare effimero e illusorio di brezze passeggere, "l'atmosfera afosa e pesante di rugiada", la bonaccia, la deriva... Non sono d'accordo con Leavis quando ritiene che il racconto è troppo complesso perché vi si possa estrarre una morale ben definita, un significato facilmente riassumibile. Ho invece l'impressione che questo racconto intrattenga un qualche legame con le narrazioni tradizionali di marinai, pellegrini, etc., malgrado la sua ambiguità e complessità tipicamente moderne. In questo senso mi sembra legittimo forzarne la lettura in direzione di una morale o saggezza di cui si fa portatore. Certo questa morale non va banalizzata o ridotta, come fa Leavis in polemica con letture troppo semplicistiche, alla necessità di raggiungere una maturità identificata con "la noia della routine di una vita stabilizzata, adulta, logora". La stessa contrapposizione infatti tra vita instabile e vita stabilizzata è tipicamente giovanile. Filippo La Porta - 43

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