Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

discussione Gianfranco Bettin Andrea De Carlo e la giovanenarrativaitaliana La pubblicazione dei due romanzi di Andrea De Carlo, Treno di panna (Einaudi, '81) e Uccelli da gabbia e da voliera (Einaudi, '82), è stata da più parti salutata come una prova di raggiunta maturità da parte della giovane narrativa italiana. ItaloCalvino, firmando la quarta di copertina di Treno di panna, notava che De Carlo evitava "gli scherni verbali", "il repertorio di clichése di espressioni generiche", "lo sfogo degli stati d'animo, il rimescolamento interiore, il dramma esistenziale" tipici della scrittura giovanile precedente. Senza nulla voler togliere alle capacità e all'originalità di De Carlo, mi sembra che questo giudizio sottovaluti, o non comprenda del tutto, alcune significative esperienze letterarie degli ulfimi anni. Quella chepossiamo chiamare, appunto, giovane narralivailaliana compie i primi passi appena dopo il '77. In quella stagione, all'alba degli anni di piombo, la ripresa di mobilitazione politica si era intrecciata, nel mondo giovanile, à un rilancio delle tematiche cullurali, e a una ripresa, sia pure "selvaggia", spontanea e diffusa, dello scrivere.Sono testi subito bruciati, a volte legatia singole e locali esperienze politiche (come l'attività di circoli giovanili), che circolano in modo sotterraneo, senza alcuna ufficialità. Ai documenti politici, spesso compilati in un linguaggio fantasioso, e anche velleitario in certi slanci, si mischiano tentativi più meditati di scrittura. I temi maggiori di questo materiale grezzonon sono più solo "politici", investono il rapporto degli autori con se stessi, con gli altri, la sfera dell'esistenza intima, ritorna addirittura il vecchio "non so che" (della gioia, dell'angoscia, dell'amore ... ). Se Calvino allude a tali "schemi verbali, sfoghi e drammi", ha probabilmente ragione. Riletti oggi, quei testi rivelano la (nostra) confusione di allora, la fragilità non solo culturale. Eppure, quello scrivere disordinato e malcerto non ha prodotto soltanto "poetastri", o rivoluzionari falliti "col manoscritto nel cassetto". Era, anche, l'inizio di una riflessione più matura, politica e culturale, che alcuni proseguiranno in modo più sistematico fino a dare, sul versante letterari, esiti più compiuti. li primo libro, che segnala questa svolta, è Boccalone di Enrico Palandri (L'Erba voglio, '79), seguito prima da Inverno di Pino Corrias (Savelli, '80) e poi da Casa di nessuno di Claudio Piersanti (Feltrinelli, '80). Nessuno di questi lavori, certo non privi d'incertezze, merita quelle critiche di Calvino. In forme diverse, e più o meno felicemente, vi si tenta un'approccio originale alla scrittura - la trascrizione di un mondo conosciuto e osservato da un punto di vista nuovo. La giovane narrativa italiana nasce dalla condizione giovanile di massa - fenomeno contemporaneo, sconosciuto ad altre generazioni letterarie - e si intreccia ai movimenti politici e di protesta sviluppatisi in quell'ambito condividendone anche i sogni e la sconfitta ultima, prima di continuare, come esperienza individuale, sul piano della scrittura. È un tragitto complesso, dunque, e non a caso per almeno dieci anni - dal '68 al '78 - Gianfranco Bettin - 35

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