raccontiitaliani - giovani Severino Cesari mutazione Non mi sentivo davvero a casa mia mentre l'uomo dietro il banco vetroacciaio della pizzeria continuava a fingere di non vedermi chiedendo chi c'è appresso, chi c'è appresso, per non scontentare il suo pubblico abituale di nittalopi che irrompeva a ondate irregolari, a sussulti dalla piazza buia, dove i ragazzi accendevano fuochi di cartone, in origine forse per il freddo terribile di gennaio, ora però sono scintille a festoni, li trascinano intorno per metri, apparizioni dell'oscurità, loro stessi, a stento, incertamente materializzati. Erano costoro che irrompevano i più diversi, teppisti tutti però o effimeri dall'incerta andatura, mossi da incerta partitura, ogni tanto la corrente staccata tra un impulso e il seguente, e in quelle vacue zone, intermedie come raggomitolati per astuzia, serpenti: tra i peggiori i ben vestiti quasi esili, dall'occhiata rapida di valutazione commerciale, i killer, certo di categoria infima e bassa forza, ma senza parere, in questi particolarmente una attenzione puntigliosa al taglio della pizza, alle cento lire in più oggetto di recriminazioni, già si intuiva la tensione per le ultime parti rimaste visto che è quasi ora di chiudere, io ancora lì infuriato a chiedermi se andare via, ma non posso andare via, per puntiglio stanchezza o isiintiva difesa dalla minaccia (del fuori, della notte) avvertita acutissima se anche inesistente, che consiglia di rimanere: l'uomo dietro il banco, vedo comunque, non riserva a me solo le sue scaltrezze. Tiene testa a tutti, mentre sorveglia al forno un suo scugnizzetto dipendente, rassicura i già bofonchianti sull'arrivo imminente della prossima pizza, senza alzare di un tono la voce richiama uno che già era uscito dopo avere un poco fiutato e scrutato, quando poi arriva davvero la prima pizza ed è una semplicissima rossa, al pomodoro, quindi non concorrenziale con le successive, la trancia in grandi pezzi per gli impazienti, deve anche finire la merce prima di chiudere, così eccola qui la bella pizza dice all'impaziente, al ben vestito ma senza quattrini né teppista che s'informa sui prezzi cautamente, mostra col gesto di questa qualità ne viene tanta così meglio davvero non aspettare l'altra che ci vuol tempo, al killer di bassa forza meditabondo sulla cena assicura invece tre secondi ancora per la mozzarella o le patate, come preferisce; una frotta di turisti burinissimi che non torneranno mai più esauriscono in un baleno gli scarti freddini e unti di tutti i tagli precedenti. Io già da tempo ero riuscito a strappare un pezzetto, tra occhiate di rimprovero di che era venuto molto dopo di me ma non si capacitava dell'offesa, ospite ingrato, e aspetto ancora per cinquecento liredi mozzarella, arriva ora: quando un teppista con cravatta e capello scompigliato ad arte già quasi voltato per andarsene scorge al volo sul biglietto da cinquecento che protendo all'uomo dietro il bancone un pezzettino strappato Severino Cesari - 33
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