Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

racconti italiani "Salvarlo da che?" "Tassoni gli ha raccontato che è omosessuale". "E allora?". "Allora il tenente gli ha detto che se lui collabora l'avrebbe guarito". "Fantastico!! Con gli antibiotici?" "Si è convinto di avere per le mani un caso umano: lo tiene tutto il giorno in infermeria a dirgli un sacco di scempiaggini sulle donne. Gli dice che anche se è grasso non è il caso di buttarsi via cosi, che bisogna imparare dagli animali, e Tassoni è mortificato perché questo tenente continua a ripetergli che è grasso". "Quando l'hai sentito?" "È arrivato dieci giorni fa. Quando si è svenato l'hanno medicato e spedito qui, in ospedale, dicono che i suicidi innervosiscono la truppa. Al telefono parlava piano piano, perché non doveva farsi sentire dagli altri che lo credono depresso mi ha detto, e mentre mi parlava sentivo dietro dei rumori, delle voci strane, ma forti. Gli ho detto chi vuoi che ti senta in quel casino e lui mi ha detto che le suore fanno la spia, e allora tutti fanno i matti a tempo pieno. A parte i tossico che stanno tutto il giorno buttati sul letto. Comunque mi ha detto che forse una licenza dovrebbero dargliela". "Hanno un cuore grande così". "Quando stava in galera era meglio, dice". Tassoni non è poi del tutto grasso, a conoscerlo sembra solo un po' ampio. Mastica liquerizia e fuma un sigaro ogni tanto. Gli ultimi vizi. Gli altri li ha persi negli anni insieme ai capelli, che sono diventati barba. La sua voce è dolce come quella di un fagotto, va bene per commentare il mondo da un capotavola in mezzo a bambini e amici. È fornito di un campanello che lo tiene all'erta sulle cose. li campanello suona come una zanzara. Vola sulle parole, le attutisce. Dall'attenti lui calcola la sua miseria senza prospettive. In carcere passarono due mesi prima che lo interrogassero. Venne un giudice a chiedergli se voleva collaborare. li giudice era perfettamente tranquillo. Tassoni meno. Ma spese ugualmente qualche parola di commento. Pacato. li giudice richiuse la borsa e se ne andò. Tassoni rimase per altri cinque mesi. Quando usci disse che si sentiva strano, chiese un po' di soldi agli amici, traversò il mare fino a Vulcano, isola di sassi scuri e sole forte. Spediva lettere, mangiava pesce e si appassionò al Don Chisciotte. Tornò cavaliere senza avventure: aveva imparato a ridere tra sè. Dalla penombra squilla il telefono. "Sì. .. ciao Franchino, bene, sai chi è tornato? ... Proprio lui, e come hai fatto ... Be', è qui ("Ehi, Paolo, vuoi parlargli?" la mano sulla cornetta. "Neanche per sogno") ... è al cesso... Tanto ci vediamo, dimmi ... Bozze? Per quando? ... lo no, ho un sacco di roba da fare, ma lui credo di sì, glielo chiedo, aspetta ("Ha delle bozze da correggere". Silenzio... "Digli che va bene. Mi vendo.") Va bene ... Alle nove ... Gli spiego io, non ti preoccupare ... Puntuale, glielo dico. Ciao". (Clik). "Chi ti ha detto di dirgli che ero arrivato? lo lo sapevo, quando si fa sentire all'improvviso ha sempre qualche schifezza da proporre, io lo sapevo. Sono arrivato ieri e domani si ricomincia". "Non cercavi un lavoro?". "Non in ventiquattr'ore". " E allora digli di no!" "Come cazzo si fa a dire di no a un lavoro? lo volevo prepararmi, piano piano". 28 - Pino Corrias

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