Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

raccontiitaliani trentesimo, ma il suo cuore è ancora perdutamente acceso e Paolo vive badando a non soffocare la fiamma. Naso aquilino, capelli arruffati e neri. Disdegnando, per pura civetteria, il suo profilo sceglie sempre il primo piano, così che spesso non schiva nulla di quanto fluttua nella corrente. Questo gli procura fastidiosi torcicolli, specie nelle mezze stagioni, quando i flussi d'aria e di eventi impazzano. La città è in vista. Uomini e donne escono dagli scompartimenti trascinando valige. Il treno fischia alle case che ora sfilano compatte. I passeggeri si danno da fare nel trambusto, qualcuno apre i finestrini, !m vecchio impreca, il bigliettaio passa senza dare retta a nessuno. La bambina e sua madre si sono svegliate. La bambina piagnucola. Insomma è già città. Paolo Mercadanti si affaccia al finestrino strizzando gli occhi nel vento ghiacciato e quasi ride. O almeno sembra. Poi rientra tutto soddisfatto come avesse assistito alla sua propria partenza. In realtà Paolo appartiene all'infima schiera di sognatori che partono anche quando arrivano. Nella rumorosa stazione gialla di neon, la gente si affolla al binario, e quando dal buio sbuca il punto luminoso del treno le donne prendono i bambini per mano. Già gli sportelli dei vagoni sono stati aperti e i più arditi saltano a terra con bella scelta di tempo. Tra loro il giovane di bell'aspetto che, a voler essere precisi, pare dotato di una certa grazia. Eccoci, eccoci. Eccoci qua. Tra il gioco a specchi delle luci, voci, bagagli e sbuffi, vanno tutte le andature, sciatte e atletiche, paesane e cittadine; il colore si sparpaglia al capriccio dei vaganti. Insospettite dall'agitazione, camminano attente due belle divise celesti. Con cappelluccio e baffi d'ordinanza. Certo è che il dio nostro ci ha fatto per non annoiarsi, pensa il giovane camminando svelto. Le stazioni sono più divertenti dell'Eternità. In via del tutto filosofica, si affida alla ripida scala mobile. Plana delicatamente sull'uscita e finalmente si affaccia nell'aria spessa della sua città. Ha sonno e vuole un taxi. Stanno dall'angolo in qua parcheggiati a mucchio nel placido giallo delle carrozzerie ben tenute, con tanti numeri e marchietti e radio accese e uomini ombrosi, data l'ora gaglioffa, inadatta al lavoro. Punta al primo della fila, monta. Il taxi parte. Dà indicazioni precise sulla via, sul numero, sulla zona. Più qualche consiglio per il percorso: dalla piazza curva a sinistra, sempre dritto, poi nel controviale, due semafori e a destra, ecc. Silenzio. I tassisti sono tipi suscettibili. Penserò ad altro: alla stazione. Cosa dicevo prima? Pensavo alla stazione in relazione a dio. Certo. E qual'era la relazione? La noia. (Il taxi fila con andatura standard, ma questo è secondario). Dio si annoia a morte. Non ha niente da fare e ha di fronte l'Eternità. Si mette a sognare trenini elettrici e ci si appassiona. Ha bisogno di manodopera. Inventa l'uomo corredando l'inizio dei lavori con istruzioni molto sommarie. A dio piace fare le cose a metà. Guerre, fame e pestilenze sono un fuori programma imprevisto. Ma piacevole. Alla fine il gioco riesce: l'uomo inizia a circolare su un fantasioso intreccio di binari. Dio dalla finestra gongola e prima o poi farà la grazia. E qui si ferma il taxi, proprio in mezzo alla strada. Pagare corsa. Buonanotte. Senza esitazioni Paolo Mercadanti apre il portone e sale. Alla quarta rampa s'appoggia. Prende fiato per finire in bellezza davanti 24 - Pino Corrias

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