raccontiitaliani - giovani Claudio Piersanti i due figli di Zelinda Ci eravamo trasferiti in una cittadina dell'entroterra marchigiano, distribuita come un verme tozzo su due colline della stessa altezza, a circa quattrocento metri sul livello del mare. Aria buona, bella vista: ogni giorno c'era qualcuno che ce lo faceva notare. Mio padre era ancora un giovane medico, sempre pronto a trasferirsi da una città all'altra. E mia madre era una donna che veniva considerata "moderna" perchè portava i pantaloni e faceva sedere chiunque sulle sue poltrone: anche il gatto. Venivamo da una grande città, dove non ci sentivamo diversi dagli altri. I miei fratelli erano troppo piccoli per notare delle differenze, ma io non mi trovavo bene. La casa che mio padre aveva preso in affitto era però uno splendore: cinque camere e una gran sala da pranzo. li pavimento era tutto di mattoni rossi. Veniva a passare la cera una vecchia, che si chiamava Zelinda, per anni donna delle pulizie del medico che ci aveva lasciato la casa. Era così vecchia che mio padre non voleva tenerla. Non perchè fosse poco capace, nei lavori domestici, era anzi molto brava, ma suscitava in noi tutti un profondo senso di colpa. "Lavoro come una giovane" disse lei scongiurandolo di farla lavorare, almeno per qualche ora. Mio padre, un po' controvoglia, accettò. E lei continuò a pulire la casa "come una camera operatoria". Era contenta quando mio padre le faceva questa battuta, quasi sorrideva. Dico "quasi" perché Zelinda non era allegra. Nell'aspetto, prima di tutto. Era alta, asciutta, e gli occhi erano così imploranti che neppure i bambini la prendevano in giro. E si che di appigli ne offriva parecchi! Zelinda vestiva esclusivamente di nero, lunghi e modesti abiti antichi. Anche le scarpe erano di un'altra epoca, e lei ne aveva la massima cura. Quando doveva attraversare la cittadina per venire da noi, preferiva costeggiare le mura per evitare il corso e la piazza. I pochi che incontrava non li guardava in faccia, soltanto quando incrociava me o i miei fratelli più piccoli agitava la mano, cercava di prenderci in braccio e si commuoveva. In una tasca della gonna portava sempre delle caramelle alla menta che non ci piacevano. Non mancava mai di dirci che dovevamo godercela, quell' "aria buona", e ci indicava le colline dai colori pastello che circondavano le nostre due. I primi tempi quella distesa di colline mi dava l'impressione di trovarmi in mezzo a un mare in tempesta. Già da allora i miei compagni raccontavano una strana storia a proposito di Zelinda. Secondo loro non abitava da sola nella casetta che il marito le aveva lasciato tanti anni prima. In quella casetta, circondata da un corridoio di giardino, si nascondeva suo figlio, tornato matro dalla guerra. A sentir loro Zelinda aveva un secondo figlio, matto anche lui e rinchiuso in un manicomio di Roma. lo non ci credevo. Ma qualcosa Claudio Piersanti - 19
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