Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

racconti italiani nuare la mia battaglia con loro. Però sarei diventato un nemico del partito. Ho scelto la solitudine e la rinuncia sperando che servisse di lezione". Smise di parlare e fissò il bordo del tavolo. Paolo preferì rimanere zitto per non intaccare quel silenzio, ma poi chiese: "Allora dovrei scrivere quella lettera di smentita e non pensarci più?". Il professore alzò gli occhi. "Il partito ha delle regole che molto spesso si scontrano con le tensioni degli individui che ne fanno parte. Qualche volta chiede all'iscritto dei sacrifici, capisci cosa intendo?, e li ricompensa a modo suo. Sono come delle prove di lealtà, di fedeltà. Non sei costretto a sottoporti alle prove, come d'altraparte nessuno ti costringe a rimanere nel partito". "Ma è un criterio arretrato!" "Dici?" "Come è arretrato pensare che chi non accetta questo genere di regole è un nemico". "Forse, ma il partito non teme tanto gli uomini schierati sulle posizioni di altri partiti quanto i suoi transfughi; per esser chiari, quelli che avevano la tessera e dicono non rinnovo la tessera ma resto delle mie idee". Paolo si mise a ridere. "Sembra di parlare dell'ordine dei gesuiti". Il professore sorrise a metà e sorseggiò il gin. "Amavo il partito - aggiunse - la gente del partito, l'onestà e tante altre cose ancora. Ho solo deciso di non passare dall'altra parte. Lo rifarei. È un mondo che non merita di essere abbandonato". Paolo prese il suo bicchiere, strinse piano il vetro gelido. Vide Alvise, il suo profilo in bianco e nero, la notte che avevano attaccato i manifesti. Erano passati anni ormai. Poi il compagno Sonetto che aveva ottant'anni e non si perdeva una riunione. La compagna Maria che conosceva a memoria Marx. Riappoggiò il bicchiere sul centrino ricamato e pensò che era bella gente davvero. "Anch'io - disse - sono legato al partito, sennò non avrei avuto dubbi. Ma se faccio quella smentita perderò molti contatti in città". "Dimmi - chiese il professore - ti interessano di più i tuoi contatti o il partito?" "Tutti e due". "Eh, non si può avere tutto". "Il guaio del partito è che per non avere problemi bisogna sempre dire di sì". "Questo purtroppo qualche volta è vero". "Non qualche volta!" "Bah, esageri un po"'. Suonò il telefono. Il professore si alzò e andò a rispondere nella stanza accanto. Paolo si rovesciò sullo schienale della sedia e diede un'occhiata in giro. C'erano dei bei quadri. Vuotò il bicchiere di gin lasciando il ghiaccio sul fondo. Pensò che il professore non gli aveva detto niente di nuovo. La strada era ancora umida, le pozzanghere lambivano il marciapiede. La gente tornava dall'ufficio con lo sguardo assente. Paolo ogni tanto dava un'occhiata aì negozi. C'erano molte cose di cui aveva bisogno ma preferì guardarle soltanto. Il sole faceva luccicare il selciato fradicio della piazza. Comprò del Piero Gaffuri - 17

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