Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

discussione Marino Sinibaldi l'oradel nuovosentire su Kluge e la narrativa tedesca Halberstadt era una bella città tedesca circondata da verdi colline a una cinquantina di chilometri da Magdeburgo, con una antica e ricca storia. Sede vescovile, poi importante mercato e Comune combattivo e geloso dei propri diritti, fu per questo distrutta e bruciata due volte nel corso del XII secolo. Incorporata nel 1648 nel Brandeburgo, fece poi parte del regno di Vestfalia e infine del regno di Prussia. Dopodiché perse forse l'antico orgoglio e rimase famosa, oltre che per le sue industrie di insaccati - salsiccie, principalmente - per i suoi monumenti: uno straordinario duomo gotico, una Liebfrauenkirche romanica, tre grandi chiese del XII-XIV secolo, un pittoresco Palazzo Comunale; ma soprattutto le antiche e bellissime case in legno e in miniatura, tutte concentrate nel centro della città, con le vie regolari che si tagliavano ad angolo retto attorno al duomo. Oggi per trovare traccia di quelle antiche case, di quelle strade regolari, della maggior- parte di quei ricchi monumenti, bisogna cercare le foto in vecchie enciclopedie: dalla sera dell'8 aprile 1945 - una domenica - di Halberstadt è rimasto pochissimo. Un bombardamento, uno dei più feroci e indiscriminati di tutta la guerra, ha praticamente distrutto la vecchia e nobile città. La ricostruzione di quella giornata è la Per lui l'universo era una sola ferita: ne risentiva un male profondo, indicibile (George Buchner, Lenz) prima - e la principale - delle centinaia di brevi storie che Alexander Kluge racconta in questo libro (I)_ Una nuova/vecchia storia, dunque: la storia di una catastrofe sempre in agguato, anche quando sembra già alle spalle: "Nel 1945 pensò perfino: la guerra è finita. Era proprio allora che cominciava". O meglio: di una catastrofe sempre presente. Scrive Kluge nell'introduzione: "sembra che alcune storie riguardino non il presente attuale ma il passato. Esse si svolgono nel PRESENTE". Una catastrofe simile, infatti, non tace mai, non riposa mai nella memoria, non è mai passata e lontana nel tempo. Il narratore delle Nuove storie pare dire, come il protagonista della Breve lettera del lungo addio: "Fin dove riesco a ricordare, potrei dire di essere nato per l'orrore e lo spavento"(2). Con questa consapevolezza Kluge racconta le sue storie, come guardando il mondo da dentro una di quelle pozzanghere aperte da una bomba nel 1945: "La pozzanghera... può permettersi la forma classica: la coincidenza di forma e contenuto". E infatti, come ha notato Enzensberger, "la catastrofe è qui diventata il principio formale del narrare"; ma anche, naturalmente, il suo principale contenuto, e il filo conduttore di un'opera poliforme. 1 17 quaderni di questa edizione italiana (uno in meno dell'originale tedesco, Marino Sinibaldi - 157

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==