raccontistranieri Pensi di trovare qualcosa qui? chiese Karin. Non so, dovremmo chiedere, dissi. Fin quando puoi star via? Fino a lunedi mattina. Pensavo avessimo un giorno in più. Un cartello, che i fari della macchina improvvisamente inquadrarono, strappandolo alla nebbia, indicava la strada per un albergo che conoscevo. li tetto dell'hotel si abbassava ripido, formando una cornice di neve. Scesi dalla macchina, sentimmo il vento, quasi avessimo aperto uno sportello a isolamento acustico. Appena sopra le nostre teste il vento s'impigliava nelle cime degli alberi, che noi non vedevamo, però non sentivamo soltanto il rumore - simile a quello di una frusta - dei rami delle conifere sbattuti l'uno contro l'altro, ma anche un minaccioso scricchiolio e un sibilo, come di schegge, provenire dal profondo dei tronchi. L'entrata dell'albergo era riparata da una tettoia, e contro la porta, di legno massiccio, il vento soffiava cosi forte che riuscii ad aprirla a fatica. Karin, che mi vedeva spingere con tutte le forze, cominciò a ridere. Forte questo vento, è come sentirlo a tutto volume! La signora alla reception ci accolse con un saluto e ci fissò stupiti quando c'informammo per avere una camera. Avevamo forse dimenticato che era la notte di Natale? Tutte le stanze erano riservate oppure occupate ormai da tempo, disse. Infine, sembrò poi dispiaciuta di trovare, invece, una camera doppia ancora libera, di cui ci diede la chiave. Scaricammo i bagagli e ispezionammo la stanza, dalle pareti interamente ricoperte di legno. Una porta-finestra dava su un giardinetto. Davanti a noi riconobbi la sagoma scura di un gruppo d'alberi, forse un boschetto di abeti, piantato, a difesa dal vento in quell'avvallamento spoglio, ormai generazioni e generazioni prima. Aprii la finestra, e sentimmo ancora il frastuono che proveniva dall'esterno, incredibilmente forte. Dissi a Karin che ci trovavamo vicinissimi al punto più alto di tutta la zona circostante. La frase, buttata li, non corrispondeva al vero. Non appena chiusi la finestra fu come se ci fossimo isolati ermeticamente in camera. L'improvvisa assenza della nebbia e del rumoreggiare del vento quasi mi stordì. Mi dava fastidio sapere che ora non c'era più nulla a distogliere l'attenzione da noi stessi. Guardai Karin disfare il suo bagaglio e le proposi di andare a mangiare qualcosa. Mi fissò come fossi un ricercato datosi alla macchia. Va' pure, io vorrei prima cambiarmi. Presi posto sulla panca nell'angolo, vicino alla stufa ricoperta di ceramica verde. Al tavolo accanto parlavano a bassa voce e s'interruppero non appena chiesi al cameriere il menù. Troppo tardi! lessi nei loro occhi, ecco che arriva uno, la notte di Natale, a cena troppo tardi! Aspettarono di sentire l'eco dei loro pensieri nella voce del cameriere e si pulirono gli angoli della bocca quando ordinai qualcosa di freddo: prosciutto della Foresta Nera e spumante. Solo quando si trovò davanti me, dopo aver attraversato la sala-ristorante, Karin si accorse di aver sostenuto un esame di fronte a una silenziosa giuria. Ma è sempre tutto così quieto nella Foresta Nera? Era l'unica, con il suo vestito di seta, scollato, a dare una nota di festa. Si era ritoccata le labbra con il rossetto viola e cosparsa le palpebre di stelline d'argento, alcune delle quali le erano cadute sulle spalle nude. Ma, nel silenzio che c'era, in cui una parola detta ad alta voce risuonava come fosse un grido, la sua entrata aveva avuto l'effetto di una minaccia. In quel momento ero fiero della sua presenza, del suo proposito di dare nell'occhio. Del vento là fuori! /52 - Peter Schneider
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==