Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

raccontistranieri ogni minima differenza aveva in questo istante il valore di qualcosa di definitivo. Cos'è un anno? "quindici chilometri di autostrada, se si allineano le sigarette fumate - per te qualcosa di più; una mezza storia d'amore, calcolata in media per ogni mese - per me qualcosa di meno". Per un momento i nostri occhi si erano incrociati, restituendoci lo stesso sguardo che ci eravamo scambiati per la primissima volta, quello sguardo che ci annulla motivi e propositi. Adesso era anche possibile alzarsi, andarsene, e spiegare tutto l'incontro come fosse stato un inganno dei sentimenti. Senza alcun commento, quasi senza dolore. "Non sono disposta a passare sopra al tuo aspetto attuale! - Non voglio assolutamente abituarmi a questo tuo gesto!" Volevo distogliere il suo sguardo da me, chiamai il cameriere e la guardai, mentre, con le dita dalle unghie laccate di rosso scuro, pescava un'altra sigaretta dal pacchetto. Io ero quella con le mani troppo piccole, ti ricordi? La volevo contraddire, ma non c'era rimprovero nella sua voce, solo scherno. Dicevo proprio cosi? Appena fuori città sentimmo il vento. Ci spingeva contro ramoscelli, ghiaia e foglie, che ci venivano addosso come uno sciame di insetti, insinuandosi tra le ruote anteriori. Sprazzi di luce cadevano dalle nuvole, che correvano basse, su punti isolati del paesaggio. Davanti agli ammassi di nuvole, che all'orizzonte prendevano il colore neroblu delle montagne, la luce sembrava gialla e polverosa, e il paesaggio, in cui a tratti apparivano, illuminati, una collina coperta di neve o un tetto bagnato, sembrava dipinto. Mentre tenevo stretto il volante con tutt'e due le mani, in gara con un TEE, Karin riavvolgeva il nastro della cassetta in modo da ascoltare sempre la stessa canzone. Non conosci questa canzone! La balliamo almeno da sei mesi! Non avevamo più gli stessi amici, ma ci piaceva sempre la stessa musica. La canzone veniva come da una gran profondità, i suoni si sentivano come attutiti dall'acqua. Mi sembrò di vedere l'intero gruppo seduto sul fondo del mare: sciolti e sorridenti, come fossero creature acquatiche ubriache, suonavano i loro strumenti, con gesti lenti, frenati dall'acqua. Ogni volta che risuonava il ritornello Karin batteva il ritmo sul sedile e cantava a voce spiegata. Il tempo là fuori, il tempo del nostro incontro nel caffé sembrava ormai passato da anni. Ora valeva soltanto il tempo in macchina, ed era misurato dall'inizio e dalla fine della canzone. Quando cominciò a tramontare, uscii dall'autostrada. A sinistra le montagne erano ora più vicine, i pendii, estesi e ora senz'ombra, scomparivano verso l'alto in bianchi brandelli di nebbia. Seguii le indicazioni per Schauinsland. A destra e a sinistra della strada a tornanti vedevamo, qua e là, distese di neve che aumentavano in estensione man mano si saliva, livellando il terreno collinoso. Tutt'a un tratto fu come se viaggiassimo in un quadro privo di rilievo e prospettiva, incorniciato soltanto dal parabrezza. La nebbia che ora ci avvolgeva toglieva profondità allo spazio e sembrava schiacciare anche il corpo di Karin, appiattendolo contro lo schienale. Karin aveva spento il registratore e non parlava più, io mi irrigidii sul sedile avvicinando la testa il più possibile al parabrezza, per guardare qualche centimetro di visibilità. Solo per alcuni secondi, quando la luce di una casa diradava la nebbia, quasi soffiandola via, solo allora era possibile individuare la neve caduta, che si distingueva dal banco di nebbia da un sottile strato di fuliggine. Peter Schneider - 15I

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