narrativae poesia 148 - Paolo Volponi aggiunta non richiesta del pittore vola sopra le teste bozzute, si libera con l'occhio fisso verso una rotella a transistore la lingua arricciata da mille miniature sibilante indice memoria. Solo qualcuno in basso ammantellato intende sfuggire all'Evangeliario della incoronazione. Non oasi né palme né mura né Gerico né Gerusalemme per quegli irsuti romiti mangiatori di locuste predicatori di verbo senza miti, anziani avvezzi a brontolare con i leoni sulla vanità delle fortune allontanati da anni dalle file dei pezzi e dei montaggi separati da ogni interlocutore costituzionale e democratico nell'arco del patto, sia pure un vecchio randagio cane ormai sieco e ammansito censito e targato pronto e ripetente come una televisione bene avviato sull'onda della prepensione. Intorno agli offerenti ben vestiti e calzati sorridenti dentro le fogge e tesi tra i forestieri lacci e mantelli con rotoli di messaggi in mano strumenti di calcolo e misura dati e tabulati della ricomposizione primaria del regno sopra paesi e genti perfino sopra i paesaggi e i venti in tutti gli ordini distesi e nei varchi delle montagne e dei cieli, cavalieri di corona con piccolo proprio serto in scala e misura e conto in Svizzera identificabili nei gioielli appena nei tratti dei volti o nella riga degli occhi tutti soffusi distesi pianificati e sottratti a qualsiasi interna umana incidenza dalla luce della presidenza; favorito tra questi c'è qualcuno in seconda posizione la figura piena verso gli spettatori azionisti imprenditori economisti sociologi o semplici lettori delle pagine economiche, il viso appena girato alla macchina del trono, preciso come sottilmente interrogante seppure fervido di devozione lo sguardo teso a cogliere gli occhi del sovrano la verità di vedere ben celata tra le orbite seppure il naso la fronte e tutte le strutture
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