narrativae poesia 136 - Paolo Volponi insepolta non sotterrata né murata piegata accosto la faccia... Ogni attuale non è uguale e nemmeno le somiglia in nessuna traccia, adesso ogni riga si assottiglia, vien meno anche se ogni volta con un senso diverso e sempre con la convinzione di non sapersi bene manovrare e nemmeno nascondere, né l'una né l'altra: lanciati verso l'esterno inutili concetti sbiaditi appagati o solo giustificati adesso lusingati nel lavoro intellettuale. Scrivere poi ... è la penna che sputa; è piuttosto dare forte e male con la testa, con l'alta curva della fronte contro un muro; la penna segue le botte e le tramuta oltre la mano in varchi. .. ritornano i suoni di ferraglia e metalli la piena deserta della cena muta senza misura per una composizione che la paura è una vecchia usanza oggetto prensile e pesante di materiale conoscenza e di uso sconcio come tutta la confidenza ondulante per un sito un suono il bigoncio di un'acqua o di una visione, una parola, una voglia... la normale foglia si riprende e pende rasente, si appresta, aspetta dentro gli inutili serti o cumuli di guglie, schernisce il vento e la pioggia ambisce l'irrorazione chimica che la prende come una stoffa che l'affonda e la perde la stende improbabile spoglia tutta gonfiata d'ogni adolescenza... Alla prima 'rivata ... insofferenza? Ciascuno pronto ad agire e ad uscire a farsi prima una riverenza a celebrare tutti i suoni del/'orghestra: il discorso procede come tutto in Italia il senso e le mosse di questo ossesso rito - piassa 'n acident ma chi diggh 'io che 'n se stronca come 'na ginestra - fermo e ferito come quella mano come le nevicate senza vento né rumori, nemmeno i colpi notturni che rimbombano ovunque nei quartieri sotto tutto il giro delle ringhiere
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