racconti italiani parlare troppo delle tue posizioni, quelle che prima erano semplici perplessità ora potrebbero sembrare altrettanti attacchi al partito". "Devo stare zillo?" "Segui il mio consiglio" "Il problema è che ho bisogno di molti amici e non ne ho tanti". "Va là! Sei stimato, i giovani sono dalla tua parte e anche i vecchi. Invece hai bisogno di qualcuno che ti consigli bene. Non basto io". Alvise tirò fuori le nazionali senza filtro, ne accese una con un vecchio accendino placcato in oro. Socchiuse gli occhi dando due tirate. Paolo bevve un goccio di vino e disse: "Non avrei mai pensato di essere deferito, evidentemente non aspellavano altro". "Eh - disse Alvise - che tu non fossi simpatico a molti lì dell'organico erarisaputo. Ma al massimo possono farti un richiamo. Va là, per questa scemenza". "E nella mia sezione cosa si dice?". "Siamo con te. Che partito è se non si può discutere. Poi lutti questi cambiamenti di rotta. lo non dico che l'Unione Sovietica deve essere un modello ma pensare che lo sia l'America! Il partito è in crisi, per superarla bisogna partecipare e discutere". Paolo sorrise e guardò l'ora. Doveva tornare a casa perché Elena usciva adesso dallo studio. Alvise si lasciò andare a due colpi di tosse e mandò una maledizione al vento. Poi disse: "Sai cosa dovresti fare! Andare a trovare il professore, il professor Ermini. Lo conosci?". "Di persona no, ma ne ho sentito parlare". "Ecco, lui ti può dare dei buoni consigli. È un vero intellettuale, lo frequentavo molto una volta. Vai, che ti può servire". "Si tiene un po' in disparte ... ". "Cosa importa. È vecchio e dal partito ha preso più fregature che regali". Paolo fini il vino e si alzò. Il vento gli scompigliò i capelli. "È tardi Alvise, vado". "Allora ci andrai dal professore?". "Sì, e poi sono curioso di conoscerlo". "Digli che ti mando io". "Certo - disse Paolo - e grazie di tulio". "Va là! Ce ne sono pochi di compagni come te". Lasciò Alvise sotto la vite americana e rientrò nella sala. Lo salutarono in molti. Appoggiò il bicchiere sul banco lucido del bar e uscì in strada. Elena era sdraiata sul divano e ascoltava un disco. Teneva vicino due cartelle di documenti. Fece un gran sorriso e si sistemò i capelli neri con un veloce gesto della mano. La canzone che ascoltava era vecchia ma appena tornata di moda. Paolo s.isedette nella poltrona di fronte e accese una sigaretta leggera. "Sono stanca" disse Elena. "Hai lavorato tanto?". "Sì, diciamo che mi sono sacrificata per lo studio". Paolo sorrise e andò a mettersi in un angolo del divano. "Tu'!" chiese Elena, guardandolo di sbieco. Piero Gaffuri - 13
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