Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

raccontiitaliani la stanchezza, la distrazione, o altro, fanno trasgredire questa regola, soprattutto quando i viaggiatori formano un gruppo, tornano ringalluzziti nell'alleanza da qualche esperienza comune. Come nel caso del nano e delle tre signore che avevano invaso il mio compartimento a luci spente. Subito avevo avuto quella sensazione, di un gruppo che si fosse da poco staccato da un gruppo più grosso, un'impressione di complicità, di cose vissute insieme. Non capivo ancora, tuttavia, che cosa di preciso legasse quelle persone tra loro, o meglio, per rispettare il modo in cui si svolsero i fatti, che cosa legasse le tre donne al nano. Poi affiorò d'improvviso nel discorso la parola "teatro", non ricordo più a che proposito, poi il teatro divenne "la Scala". Pensai in un primo tempo che si trattasse di patiti dell'opera, che da altri posti, da chi sa dove (perché nella notte tutto è possibile) si fossero mossi spavaldamente affrontando qualsiasi viaggio per amore del bel canto. Cominciavo a svegliarmi davanti ad amatori così tenaci. Mi tornavano in mente, con un certo compiacimento, le cose che avevo sentito raccontare in proposito. C'erano stati ricchi signori dovunque al seguito della Callas pur di non perdere un suo spettacolo, ma non mancavano notizie delle prove d'amore meno appariscenti ma non meno grandi che gli innamorati della lirica affrontano per la loro amata: invecchiata per tutti tranne che per loro. Mi confermò per qualche minuto in questa convinzione un senso di orgoglio che mi pareva di percecepire nei miei compagni di viaggio, di civile esaltazione, come dopo qualcosa di grandioso, di cui si fossero trovati ad essere i Rrivilegiati testimoni. Questa coscienza di privilegio sembrava, poi, imporre al nano l'aria di chi ritorna vittorioso da una difficile impresa. "Aida", pensai, ma così, senza alcun fondamento, dando libero sfogo alle mie impressioni come mi affioravano alla coscienza, e dottamente mi diedi a pensare a quei processi interiori che fanno sì che i testimoni di uno spettacolo abbiano l'illusione di essere quasi protagonisti, di trovarsi calati dentro a quanto invece vedono davanti a sé. "E la musica, poi, è maestra diabolica di questa particolare illusione. Sarà stata lei la Grande Meretrice per il nano, per questo condottiero di un piccolo esercito notturno", me la ridevo tra me e me, ma sempre con un orecchio all'erta nel buio, a caccia di qualche altra notizia rivelatrice. Insomma, mi fluttuavano in testa questi pensieri e, nella notte, potevano rilucere come la scoperta di qualche nuova isola, o di chissà che altro, mentre il nano continuava a parlare di teatro, ma con frasi piene di sottintesi, di riferimenti misteriosi a fatti, persone, che le tre donne accoglievano con risatine compiaciute. Poi la scena si delineò meglio, cominciò a diventare più chiara come se nel compartimento si accendessero a poco a poco le luci. Potei dare un barlume di nome ai loro rapporti che prima si erano incrociati indistintamente nella mia testa. In quel mentre il nano aveva inclinato tutto il suo corpicciolo verso quello della donna che gli sedeva accanto e con una mossa graziosa, che mi rivelò il filo d'intimità che lo legava a lei, aveva chinato la grossa testa sulla sua spalla come un bambino preso dal sonno. Confesso che trasalii nel vedere l'enorme capo cadere sulla placida spalla della signora che lo ricevette con naturalezza. E nel frattemP,O,la bocca del nano, vicina al suo seno, e sempre rivolta a un pubblico (di cui io facevo ormai parte, anche se continuava a fingere che non esistessi) non smetteva un istante di parlare. Diceva che aveva voglia di una bella doccia, Maria Schiavo - 123

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