raccontiitaliani vanti al maiale con pannicelli rossi, gli afferravano la coda o gli saltavano sulla schiena; e dopo che il maiale era stato sgozzato, gli saltavano sulla pancia. Quando il maiale urlava, urlavano più del maiale. Antolì e Abel una volta erano stati gli esperti nel taglio del maiale. Ma erano stati fucilati accanto· al cimitero. Pedròn, guidato da Dida, che gli insegnava come fare, faceva le loro veci; così non c'era bisogno di pagare uno da fuori. li maiale apparteneva a cinque famiglie. Ogni parte veniva quindi divisa in cinque. Ognuno poi dei partecipanti offriva cotolette in regalo a Pedròn per il suo lavoro; e siccome Pedròn non aveva una famiglia numerosa, la sera chiamava gli amici e le offriva traendole dalla brace in mezzo al cortile. Nuria da quel giorno provò avversione per le cotolette e la sopressata. Non riusciva a mangiarne nemmeno per amore di Dida e pensava tristemente: - Ho venduto la mia anima al diavolo. - Un giorno in casa di una famiglia del cortile arrivò un fonografo a manovella. Il fonografo fu posto in mezzo al cortile perché tutti profittassero della musica. Dida aveva fatto sedere Nuria su di una seggiolina di paglia accanto al fonografo. C'erano solo due dischi. Mentre o girava Nuria aveva il compito di custodire l'altro. Lo teneva afferrato con ambedue le mani per timore che cadesse in terra e fissava tutti quei puntini neri nei quali era iscritta la musica. Guardava i pori sulle sue mani e pensava: - Se fossero nere e tonde chissà che cosa si udrebbe! - Le veniva anche in mente che quando passava la matita sul foglio da disegno si vedevano tanti puntini neri. La mina della matita e il disco erano fatti della stessa sostanza. Nuria pensava: - Voglio essere come la punta della matita, come il disco, non come il disegno né la musica. - La gente infatti rideva, sudava, si abbracciava ascoltando la musica e ballando; come un pericolo Nuria sentiva muoversi umori, sensazioni, inquietudini dentro di sé. Non sapeva che farne. Fissava così il disco con gli occhi bassi. Uno dei due dischi aveva al suo centro un'anima rossa, l'altro gialla. Parole misteriose vi erano scritte. Ma la vera anima del disco era il suo centro, un piccolo cerchio di vuoto. Per esso infatti il disco si animava di suoni quando veniva sul perno. Nuria sapeva di avere un simile piccolo vuoto al centro di se stessa. Solo quando ballava Joan il perdigiorno, quello che sedeva ozioso a cavallo della sedia e fumava, Nuria non si ribellava alla musica che usciva dal disco e che provocava in lei tanta inquietudine. Joan infatti non si scioglieva in umori e sudori, lacrime e risa; ballava severo e preciso; né si capiva se fosse la musica a comandare su di lui o lui sulla musica. Diventava duro e nero come la lavagna del disco. Qualcosa cercava di circuirlo con forme fuggevoli e vane; con improvvisi artigli cercava di afferrarlo; con succhi colanti cercava di incollarlo; con vortici di vento cercava di risucchiarlo; con improvvise vampate di scioglierlo. Ma lui sfidava con precisione tutti i pericoli, facendo perno sul buco di vuoto che aveva dentro. Sornione veniva a invitare Dida al ballo. Dida pareva titubare: gli occhi le fulgevano come grandi purissime stelle. Ma si schermiva; con furia gli dava una pacca sul culo, come fosse un bambinello, e lo respingeva con forza, tanto che Joan quasi cadeva all'indietro. - Sijo ballàs - si lamentava poi intorno - e! ce/ cauria damunt la terra i aquest m6n de merda rebantaria en trossos! - Un giorno Joan si mise a lavorare e sposò una ragazza, quasi una fanciullina. Andarono a vivere in una stanza in cima a una scala di pietra fuori del patio. Dida condusse Nuria a visitare la sposa. Ma non si poteva salire in casa. Da sotto la chiamò: - Este/! Este/! - La sposa uscì sul terrazzino in pantofoline e vestaglia. Per una settimana non doveva uscire di casa né ricevere visite né vestirsi; 116 - Fabrizia Ramondino
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