Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

racconti italiani Dida rassettava la stanza. D'improvviso Nuria la udiva urlare e lamentarsi: - On és aque/1co/16d'en Pedr6n? Tira !es calces dava/I e/ /lit. - Oppure: - Les castanyo!es! /es castanyoles! Ve't aquf e/ que em queda d'una fil/a! - Nuria conosceva a memoria la storia della figlia di Dida. La ragazza era bruna, magra, piccola di statura, tutto il contrario della madre. Aveva capelli ricci e lunghi che non si piegavano al pettine e alle trecce. Non le piaceva lavorare, le piacevano solo gli uomini e il ballo. Un giorno arrivò a casa con uno scialle di seta gialla, a fiori rossi e verdi, ma Dida non se ne accorse perché lo aveva nascosto in un fagotto. Credendo quel pomeriggio che la madre tornasse tardi la ragazza si pettinava a pavoneggiava davanti allo specchio con lo scialle indosso. Dida la sorprese, le urlò: - Qui t'ha donai aquesf mocador, bagassa? - La ragazza fuggì. Dida la rincorse con in mano il pettine che si era tolto dai capelli. Lo scialle s'impigliò nel pettine e si lacerò. La ragazza per il dispetto batté i piedi in terra, pianse e si gettò sul letto, nascosta dai suoi capelli. Dida infierì su di lei, la ragazza pareva non avvertire i colpi e le ingiurie. Ma quando Dida si ritirò nel cesso, che era uno stanzino bianco sul bordo del campo dietro la casa, la ragazza, senza prendersi nemmeno una spilla, e era già sera, fuggì di casa e non vi fece ritorno. Da allora Dida non l'aveva più vista. Ma Pedròn, Nurìa lo sapeva, continuava a vederla. Una volta infatti le aveva detto che era a servizio da un vecchio commerciante, uno Xuela. E nel finire il racconto Dida diceva sempre: - I bevia vinagre! perquè volia esfar magra com una canya... Volia que li poguessin estrènyer la cintura amb una sola mà quan giràs en e/ bai!! - Dida si accovacciava accanto a Nuria sulla soglia di casa. La gonna di lana di un celeste stinto le si tendeva fra le cosce. Rovesciava il capo, le cadevano i seni sul piatto, si concentrava a trascegliere lenticchie. I bambini in cortile giocavano alla guerra. Nuria con loro non sapeva giocare, a casa era sempre sola. Giocavano ad ammazzare i Rojos e i Sense Déu. Se una madre li chiamava per farsi aiutare, i ragazzi rispondevano con insolenza: - Calla o et denunciaré a la Guardia Civil! - Dida allora deponeva piano accanto a sé il piatto di lenticchie; appoggiandosi con tutta la sua forza a terra con le mani, si alzava. Stava ferma per un attimo con i pugni sui fianchi, come a calmare la sua ira. Tanto nell'ira che nell'amore Dida era tremenda. Nuria si accorgeva spesso dell'infinita energia di Dida; a volte fra le mani le si spaccavano, senza cadere in terra o urtare, piatti e bicchieri; mentre si pettinava si spezzavano i pettini di osso; ci sarebbe voluto il corpo e il movimento universale di un pianeta per contenere e sfogare l'energia di Dida. Scendeva in silenzio quei tre gradini, si fermava al centro del cortile. Presi dal gioco i ragazzi non se n'erano accorti. Quando l'insolente era a portata della sua mano, lo afferrava per il braccio, lo fermava soltanto, non gli faceva niente. Gli diceva a voce bassa, quasi un sibilo: - Ves-t'en a ca ta mare i fes et que vu!guis. - Levava poi il braccio, lo volgeva minaccioso verso tutti i lati del cortile e si lamentava a grida altissime: - Ve't aqui e/ temps en què e!sfllls dego/- len /es seves mares! - Si volgeva poi ai ragazzi che si erano fermati nel gioco e con tono imperioso ordinava: - Anau a jugar! - E di nuovo sedeva tranquilla a scegliere lenticchie. I ragazzi parevano titubare. -A nau ajugar! - ordinava di nuovo Dida. E i ragazzi, come dovessero fare un compito scolastico, tornavano a giocare. Le madri, prima di nascondersi di nuovo dietro le tende sonanti, ridevano e facevano l'occhiolino a Dida. -Au! A nau a càçar rojos! - ii incitava Dida con scherno. Un giorno nel cortile di Dida fu ucciso il maiale. I bambini correvano daFabrizia Ramondino - 115

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