raccontiitaliani nella terra per asciugare il sudore. Dida aveva le gambe rosse e viola, lucide e gonfie, che parevano melanzana e melograno. Qualche pelo rado, forte e biondo, le si arricciava in forma di corna di ariete. Quando Pedròn si era stancato di massaggiarle i piedi, cominciava a tirarle i peli. - Deixa'm - implorava Dida, sfatta dal cibo e dal sonno. Pedròn l'aiutava ad alzarsi, la sosteneva e la conduceva sul letto. Chiudeva l'imposta del finestrino, socchiudeva la porta, toglieva la tenda, la immergeva nel secchio, la strizzava e la riappendeva. Poi Nuria e Pedròn uscivano insieme in silenzio, andavano a vedere l'asino. Più tardi, seduta di nuovo sui gradini della casa di Dida, Nuria osservava il cortile. Dida intanto preparava le trappole per i topi. Raccontava che i topi mangiavano le orecchie dei lattanti e che solo madri snaturate come quelle del cortile lasciavano i bambini incustoditi nelle culle. Aveva sempre sette-otto trappole da preparare, le allineava sul tavolo col pezzetto di formaggio dentro e poi le portava in casa delle vicine che avevano bambini piccoli. Distribuiva anche pillole di chinino. Puliva con l'ovatta e l'acqua bollita il pus dagli occhi dei bambini e ogni tanto faceva iniezioni. Questo le dava il diritto di sgridare tutti. - Perquè enfaixes el nin tan estret! - urlava a una. - Pos messions quefas això per a no ensumar la seva merda, - aggiungeva. Afferrava il bambino con dolce furia, lo sfasciava, si faceva portare un po' d'acqua, lo lavava e lo poggiava sul letto; il bambino sgambettava felice. Gli metteva fra le gambe un pannolino a triangolo, si toglieva dal petto una spilla di sicurezza, fermava il panno e diceva: - Aixi es tenen els nins! - Entrava in un'altra casa e gridava: -Onestà aquella ombra d'en Josep? - In un'altra casa a un giovane che fumava sulla soglia con le gambe a cavalcioni della sedia urlava: - Estàs enfadat perquèfasfeina per primera vegada. - Ingiuriava gli uomini come a nome di tutte le donne, che intanto si nascondevano vergognose nelle case. Pedròn, quatto quatto, usciva dal cortile per mostrare che lui non c'entrava e per timore di essere a sua volta ingiuriato. A un certo punto Dida si trovava sola nel cortile a urlare; solo i bambini erano rimasti a guardarla. Le sue urla si trasformavano in un lamento: - Pega'm si no tene ra6! Veja'm si gosesafer-ho! Veja'm si dic mentides! - Solo un giovane insolente resisteva, guardava con ostentazione il suo nuovo orologio, come a dire che se ne sarebbe andato solo quando fosse stata ora. Nell'alzarsi faceva cadere la sedia in terra. -Alça la cadiraen nom de la VergeMaria! - urlava Dida. li giovane alzava la sedia con aria spavalda e borbottava allontanandosi - Què et fotin! - Ma Dida lo aveva udito e gli urlava dietro: - Gandul! - Dida nel cassetto del suo comodino custodiva decine di immagini della Vergine. Nuria le disegnò un giorno una Vergine che aveva una grande bocca spalancata, gli orecchini in forma di mezzaluna, sette mani da ogni lato e le disse: -Aquesta és una Verge que no tens, és la Verge del Pali, ets tu! - Finito il suo giro Dida rientrava in casa. Le tende sonanti si chiudevano dietro il suo grande culo che pareva ancora fremente di amore e di ira; tintinnavano poi piano piano prima di mettersi a posto. Quel dolce tintinnio pareva a Nuria come il rumore dei baci immaginari che inviava a Dida e che lei si scuoteva di dosso come moscerini. Nuria si rimetteva a osservare il cortile. Di fronte a lei sedeva tutto il giorno un vecchio che aveva le mani afferrate a un secchio pieno di foglie di cavolo crudo e di cipolle. Ogni tanto ne prendeva una e la mangiava masticando con lentezza. Lo chiamavano El Boig. Tutto il giorno non faceva altro; solo se qualcuno dei bambini o dei cani gli correva davanti, afferrava timoroso e furtivo il secchio e lo traeva a sé, stringendoselo fra le gambe. Fissava poi il vuoto con le labbra strette e un'espressione di sfida. 114 - Fabrizia Ramondino
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