raccontiitaliani ti. Peli capricciosi e indocili gli uscivano dal naso e dalle orecchie. Aveva anche due lunghe basette disordinate e continuamente cercava di disciplinarle dicendo che i capelli bianchi diventano pazzi. Pedr6n pareva comandare su tutti i servi, compresa su moglie, Dida la balia, e perfino, almeno in giardino, sulla signora Dominica. Ma presto Nuria si accorse che chi comandava veramente, e su tutti, era Dida. Pedr6n ad esempio quando doveva servire in un ricevimento, in giardino, in salotto o a tavola, usciva dal guardaroba tutto azzimato, i capelli lucidi di brillantina; si era tolto il fazzoletto rosso che portava di solito al collo, sotto il frac si era messo un cravattino bianco e aveva lucidato per un'ora gli scarpini a punta; al mignolo gli luceva un anello falso di oro e rubini; il mignolo inoltre ostentava un'unghia lunghissima; sul braccio gli scendeva un tovagliolo immacolato, così ben stirato e inamidato, che pareva di carta. - Mirau el galli Mirau e/ gal/ d'indi! - lo scherniva Dida additandolo a tutti, l'altra mano sul fianco. O vedendo l'unghia del mignolo gli urlava: -A maga-la a/manco, sin6 la madona dirà que maifasfeina! - Pedr6n abbassava il capo e usciva vergognoso, camminando quatto quatto. E piegava il mignolo per non mostrare l'unghia. Talora l'asino di Pedr6n, che veniva a portare il concime, si impuntava, rifiutando di continuare il cammino. Dida rideva con le mani sui fianchi e diceva: - I bravejava que sabia calcar i domar els cava/1ssalvatges! Quan ni tani sols l'ase l'obeeix! - Pedr6n, mentre Ignasi il guardiano, dopo la merenda di mezzogiorno, si appisolava, sul vecchio fomografo metteva un flamenco e ballava. -Marieta - gli urlava Dida, se le capitava di sorprenderlo. Il povero Pedr6n cambiava il disco in silenzio, metteva la solita musica che piaceva a lgnasi, e usciva piano piano, passando davanti a Dida senza fiatare. Ma appensa Dida si girava, faceva una piroetta, come continuando il ballo, oppure alzava una mano e si allontanava ancheggiando in punta di piedi, come portasse i tacchi; e rivolgeva a Nuria, nascosta dietro la porta per non farsi scorgere da Dida, un saluto con le mani, come agitasse nacchere. Guai se Dida se ne accorgeva! Gli sibilava dietro come una serpe: - No t 'escup a la cara per no malgastar la meva saliva. - Veniva inoltre nella casa per fare lavori di cucito una cugina di Dida e Pedr6n che viveva in un convento. Le avevano ucciso qualche anno prima il marito e quattro figli e le suore misericordiose la avevano accolta; si rifiutava infatti di coltivare la terra per sfamarsi e si aggirava fino a notte inoltrata attorno al cimitero, tendendo le braccia amorose o levandole irata. La luna le aveva sbiancato le braccia e il volto, i pipistrelli e i corvi le avevano succhiato il sangue, la calce le aveva roso le carni. Nel convento la imboccarono come una bambina, le insegnarono di nuovo a pregare e ricamare. Quando rinsavì disse che non voleva più ricamare, le pareva di fare merletti di lacrime, e si mise a cucire vestiti, giacche e pantaloni, uniformi per i servi delle case.:dei signori e per le suore cuciniere dei conventi. Per raccomandazione delle suore e di Dida veniva nella casa. La sistemavano in una soffitta dove c'era la macchina per cucire; Nuria vedeva dietro pile di panno nero sporgere talora, come ali tagliate di colombe, le sue braccia magre e bianche. Il signor Torquat, lo sposo della signora Dominica, col pretesto di farsi mettere un bottone a una giacca o a una camicia, a volte saliva in soffitta e le metteva in mano un biglietto, perché si comprasse torroni, diceva. La chiamavano in casa La Desgraciada e la veneravano o a causa dei figli uccisi o per la sua qualità di folle o perché viveva in un convento. Si accorgeva di Nuria accucciata in terra, oltre la pila di panno blu, dove si trovava da tempo, attratta dall'aura di mistero che Fabrizia Ramondino - 109
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