raccontiitaliani glia della luna al primo corteggiamento; così era il sorriso di Ines, carpito allo specchio, in occasione del gioco del "Mondo Rovesciato". Da allora Nuria fra tutti gli esseri umani venerò al mondo i nani. Ma ne aveva anche timore. Infatti, una volta che era costretta a letto da una lunga malattia, Ines venne al suo capezzale a sostituire Dida, la balia. Doveva essersi assopita. Al risveglio, o forse ancora nel dormiveglia, nella penombra crepuscolare che già divorava la stanza, vide Ines che, rivolta alla finestra, con una spazzola si pettinava i lunghi capelli. Parevano onde scalpitanti, crepitavano e facevano scintille. Ines, chissà perché, cantava in falsetto; la sua voce strideva come la sega dei Sette Nani. Una frase impaurì Nuria: Si jo f os ocell els ulls com blat et menjaria. Chiuse gli occhi perché Ines non glieli divorasse. E attese comunque che qualcosa di piccolo e terribile accadesse. Ma Ines tacque. E tornò dopo quel giorno a essere un'ombra. Un'oscura minaccia pesava sulla vita di Francesca, la cuoca. Nuria udiva talvolta Pedròn e Dida rivolgerle minacce: ora scherzose, ora truci. Francesca aveva dieci figli e Pedròn e Dida minacciavano, se ne avesse comprati altri, di scacciarla dalla casa. Anche la mamma di Nuria, la signora Dominica, si univa a volte allo scherzo crudele. Le porgeva ad esempio un fagotto di panni smessi per i figli dicendole: - Mi raccomando, non farne altri! - Francesca abbassava il capo vergognosa, ma Nuria, per la sua piccola statura, poteva vederle lucere fra le ciglia una malizia. Si acquattava poi vicino all'acquaio o svaniva nei vapori della caldaia. Nuria provava una nostalgia indicibile per i dieci figli di Francesca che non aveva mai visto; avrebbe voluto essere uno di essi. Un giorno Nuria litigò con Dida e con la signora Dominica e disse loro: - Non vi voglio più! Francesca ha comprato un'altra figlia, e sono io! - E se ne stette tutto il giorno afferrata alla gonna di Francesca. Dida veniva ogni tanto a stuzzicarla, a fingere di volerla strappare a quella gonna. Le gonne di Francesca sapevano di fumo di legna, il suo volto e le sue mani erano sbiancati dai vapori della cucina e dalla soda dell'acquaio. Portava uno dopo l'altro i secchi di acqua dal patio; sulla superficie dell'acqua si riflettevano forme e colori indistinti a causa del continuo movimento, nei quali le pareva di vedere i volti dei suoi figli; e nel tintinnio dei manici udiva le loro voci. - Tos fills te criden! - sussurrava Nuria a Francesca. Un giorno Francesca ebbe una paralisi, si staccò un embolo dagli inguini e le andò al cervello. La signora Dominica le mandò una sedia a dondolo e al posto di Francesca prese in casa la sua figlia maggiore, che era eguale alla madre in tutto e che aveva fatto la sguattera a lungo nelle cucine del Casino Palmesano. Nel secchio tintinnante a Nuria non pareva più di udire le voci dei dieci ragazzi, ma il lamento di Francesca, sicché diceva alla figlia: - Ho sents? Ta mare et crida. - E nelle forme indistinte sulla superficie dell'acqua dei secchi vedeva come il dondolio della sua poltrona. Pedròn, diceva la signora Dominica, si occupava dei fiori come se fossero cavalli. Versava il concime e l'acqua nelle fosse delle piante come in mangiatoie e si rivolgeva a esse dicendo: - Camina! - oppure - Endavant ! -. E - Arri! Arri! - gridava ai rampicanti quando li staccava dal muro. - Quin pel més preci6s que tens! - esclamava rivolto alle begonie. Strigliava e lucidava le foglie delle magnolie, dopo che lo scirocco le aveva coperte di polvere. Pedròn era magro magro e bruno; i suoi capelli ricci e fitti, una volta corvini, erano diventati tutti bianchi; i baffi invece erano ancora neri e gli scendevano oltre il mento arriccia108 - Fabrizia Ramondino
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